mercoledì 29 dicembre 2010

Come una bestia feroce - Edward Bunker

“Come una bestia feroce” è il primo, il più duro, il più vero, ma soprattutto il più indimenticabile dei romanzi di Edward Bunker, maestro della letteratura noir-criminale.
La storia di un delinquente di strada che dopo aver provato una collocazione normale all'interno della società, irresistibilmente ritorna al mondo criminale, in un crescendo di violenza e cattiveria, ma anche di riflessioni, spesso molto profonde. Il romanzo non è solo una "fuga", ma soprattutto principalmente un "inseguimento", operato dal protagonista nei confronti di una tranquillità che la vita normale non è stata in grado di dargli, e che inevitabilmente l'illegalità assorbirà, regalando delusioni e sconfitte ben peggiori. Magistrale e indimenticabile la conclusione!
L'incisività della storia è certamente frutto dell'esperienza diretta dell'autore, che in periodi diversi ha comunque trascorso diciotto anni dietro le sbarre, passando da un penitenziario all'altro... tra cui anche quello di Folsom... uno dei peggiori degli Stati Uniti.
Il romanzo viene scritto tra la fine degli anni sessanta e l'inizio dei settanta, mentre nel penitenziario nel quale si trova l’autore, esplodono i conflitti razziali, e la scrittura costituisce la chiave della libertà: il vero lasciapassare per una dimensione mentale dove il rispetto del prossimo e delle regole prevalgono sull'istinto animale di un essere umano, ma anche una spietata riflessione sulla realtà.
Veramente molto bello, a tratti decisamente impressionante per le situazioni narrate, ma sicuramente mai noioso e ripetitivo. Lascia il segno... lo consiglio davvero a tutti.
Se fosse una canzone “Hey Joe” di Jimmy Hendrix.

lunedì 27 dicembre 2010

Il mastino dei Baskerville - Arthur Conan Doyle

Un romanzo giallo del grande maestro del genere Sir Arthur Conan Doyle. Il protagonista come di consueto è il famoso Sherlock Holmes, in compagnia del leggendario Watson.
La storia di un’indagine intorno ad una misteriosa maledizione, accompagnata dalla sinistra presenza di un cane mostruoso. Come di consueto, la presenza del famoso protagonista rivela le solite caratteristiche di calma, ironia, e suspence. La narrazione è un continuo altalenare di ritmi più veloci a ritmi più lenti, colpi di scena e dialoghi divertenti, che accompagnano il lettore attraverso lo sviluppo di una storia in apparenza molto intricata e misteriosa, ma alla fine sempre entusiasmante come in tutti i gialli con un protagonista “eroico” come Sherlock Holmes.
Una storia che non lascia molto spazio ad interpretazioni riflessive e le considerazioni successive alla lettura sono quelle tipiche di un romanzo giallo, anche se, voglio sottolineare, la narrazione è davvero molto aperta e comprensibile, regalando al lettore un ritmo veloce, ma sempre leggero, in grado di far scorrere le pagine in modo piacevole e rilassante.
Personalmente non sono un vero e proprio amante dei gialli, ma almeno la lettura di un romanzo di questo autore è fondamentale per poter esprimere un giudizio sul genere… e questo in particolare ne riprende a pieno tutte le caratteristiche fondamentali. Lo consiglio a tutti.
Se fosse una canzone, "Feel" di Robbie Williams.

martedì 21 dicembre 2010

Corri fiero, vivi libero – Ralph Sonny Barger

“Corri fiero, vivi libero” è il secondo lavoro letterario di Sonny Barger, che questa volta propone una raccolta di racconti, tutti di matrice biografica, ma sempre contestualizzati sui temi cui egli ha votato la propria vita: fratellanza, rispetto, libertà, motociclette, ma soprattutto l’Hells Angels MC di cui è ispiratore e forse il verso collante ti tutti questi elementi. Il titolo originale è “Ridin’ high, livin’ free”, che mal si presta a traduzioni letterali. Per questo motivo ho preferito inserire la copertina originale, in quanto quella tradotta in italiano avevo l’impressione togliesse qualcosa al al forte spirito evocativo iniziale.
La frammentazione dell’opera in racconti non allontana il lettore dallo scopo della narrazione, che vuole al centro dell’attenzione i valori fondamentali dell’autore, che con storie indipendenti propone persone, storie e situazioni, che possono essere divertenti o anche drammatiche, ma sempre vicine al suo mondo.
Personalmente ho apprezzato molto “La rimpatriata di Ed”, la storia di un ragazzo cresciuto in un orfanotrofio duro e inospitale, dove i piccoli occupanti crescevano come piccoli detenuti, privati di amore e di appartenenza a qualunque cosa non fossero le regole ferree dell’Istituto. Appena raggiunta la maggiore età Ed intraprende la sua strada, e per caso si avvicina agli Angeli: una realtà dove trova la propria identità. Un giorno il passato bussa alla sua porta, proponendosi sottoforma di “rimpatriata” ed  Ed tornerà nel vecchio orfanotrofio, incontrando le stesse persone che per anni hanno calpestato la sua dignità, ma questa volta ostentando con orgoglio il suo gilet, con i colori di quella che ora è la sua famiglia.
L’opera è composta di numerosi racconti, episodi sparsi lungo tutta la vita dell’autore, e forse riproporli tutti sinteticamente snaturerebbe un po’ il fascino della scoperta che ognuno può provare immergendosi nella lettura.
Mi è piaciuto molto, per il taglio biografico, e per la semplicità delle storie raccontate, nelle quali non ci sono eroi, ma solo tante persone, che con le loro storie offrono un’occasione per conoscere un mondo molto spesso nascosto da pregiudizi. Ne consiglio la lettura a tutti coloro che possono sentirsi incuriositi da questo mondo e che magari hanno già una conoscenza di questa cultura.

Se fosse una canzone “Against the wind” di Bob Seger

venerdì 17 dicembre 2010

Tricky business – Barry Dave

Ovvero…un’interessante proposta per una divertentissima sceneggiatura per un film dei fratelli Coen! Forse per l’ambientazione, o magari per situazioni spesso grottesche… ma penso che sarebbe davvero un ottimo spunto.
Il romanzo narra la storia di diverse persone, che per motivi diversi, si trovano tutte insieme a trascorrere una movimentatissima notte a bordo di un casinò galleggiante a largo delle coste della Florida, proprio mentre imperversa l’uragano Hector. Un intreccio che durante la narrazione svela progressivamente il vero scopo della nottata, con situazioni drammatiche, ma anche terribilmente divertenti. Meraviglioso il “cameo” della locale emittente televisiva, che pur di fomentare il senso di panico nella popolazione, con enfasi sempre più allarmante, espone a enormi rischi tutti i propri nove cronisti, che alla fine saranno le uniche vittime dell’uragano.
La storia è originale e davvero divertente. Non ci si annoia mai, e anche se la trama sembra ingarbugliarsi, in realtà si riesce a conservare sempre una perfetta comprensione della situazione. Il linguaggio è sempre molto semplice, e spesso arricchito di parolacce e modi di dire, che conferiscono un tono dimesso e più volte anche molto grottesco.
Bellissima la conclusione, dove la fine della storia viene narrata con un epilogo successivo al periodo di svolgimento della storia.
Lo consiglio a tutti quelli che vogliono regalarsi una lettura di puro divertimento.
Se fosse una canzone, “Molina” dei Creedence Clearwater Revival.

giovedì 16 dicembre 2010

Buick 8 - Stephn King

Chi non ha mai letto un romanzo di Stephen King, restandone colpito e allo stesso tempo affascinato?
Buick 8 penso sia uno dei più particolari, in quanto fuori dai soliti schemi dove la narrazione comincia e finisce attorno a episodi chiari o comunque motivati e spiegati durante la narrazione.
E’ la storia (fantastica) di un comando di polizia dell’anonima provincia rurale della Pennsylvania, dove per un episodio banale, ma comunque strano, gli agenti sono costretti a sequestrare quella che solo all’apparenza è una Buick Roadmaster del 1954.
Il romanzo è questo. La narrazione di una ventina di anni di storia del commissariato, dalla morte di un sergente fino all’ingresso in ruolo come agente del figlio. La macchina è solo uno dei personaggi, infatti il centro della storia è proprio la vita quotidiana, animata in modo spesso agghiacciante dalla presenza di questa vettura, che seppur confinata per tutti questi anni in un garage, non riesce assolutamente a non far parlare di sè, ne a lasciare tranquilli i suoi sfortunati custodi.
La narrazione è un alternarsi di presente e passato, dove si uniscono episodi importanti ormai trascorsi e momenti attuali, ma dove sempre e comunque la Buick impone all’attenzione dei protagonisti la propria scomoda presenza… dove non ci sono cattivi, dove tutti sono inconfondibilmente vittime: anche la macchina stessa!
Magistrale la narrazione, soprattutto per la forte verosimiglianza con un ambiente di polizia, che solo chi ha vissuto riesce davvero a comprendere. Consiglio questo romanzo a tutti: pur trattandosi di un opera particolare rispetto a tante altre di questo autore è comunque facile e divertente, offrendo al lettore l'occasione per distrarsi con una lettura incalzante che regala la sensazione di partecipare alla storia, lasciando un leggero senso di dispiacere quando si arriva al termine.
Se fosse una canzone “What a man’s got to do” di Brenn Hill.

martedì 14 dicembre 2010

Sotto la pelle – Michel Faber

Un romanzo molto particolare, che sicuramente lascerà il segno, finendo per essere ricordato per la sua cruda freddezza di metafora della vita, dove spesso i cattivi non sono così cattivi come si finisce per credere, e i buoni non sono poi così buoni come eravamo abituati a vederli.
La storia di Isserley, una ragazza di una ventina di anni che vive in un angusto villaggio (all’apparenza disabitato) sulle Highlands scozzesi, e che passa il tempo a caricare autostoppisti per portarli nella sua fattoria.
La trama diventa poi ben più complessa e agghiacciante, per avere successivamente dei risvolti addirittura terrificanti. Continuare a raccontare, anche sinteticamente, la storia equivale a rovinare il fascino di una narrazione che si svela progressivamente: alle volte delicatamente, alle volte con colpi di scena talmente inaspettati da costringere il lettore a rileggere un capoverso… proprio per la forza della sorpresa.
Una bellissima storia dove la realtà si mescola con la fantasia, e dove i “cattivi” alla fine non sono poi tanto diversi dai “buoni”, le prede, che nel romanzo vengono chiamati “vodsel”. Una splendida riflessione sul rapporto tra l’uomo e la natura che lo circonda, dove alla fine non esiste un vero e proprio inizio e nemmeno una vera e propria fine. Ma anche una bellissima storia d’amore, sicuramente diversa dai consueti libri della Harmony, ma comunque una storia dove la protagonista è animata da un sentimento davvero forte e travolgente.
Mi è piaciuto molto, per la particolare caratteristica della narrazione, sempre incalzante: anche nei momenti apparentemente più lenti non si riesce mai a prevedere cosa potrebbe succedere nella pagina successiva.
Magistrale la scena in cui la protagonista subisce uno stupro da un autostoppista… o meglio… un tentativo di stupro…
Se fosse una canzone, per l’argomento trattato e per la forza delle situazioni, sicuramente “Prowler” degli Iron Maiden.

lunedì 13 dicembre 2010

Fandango - Kevin Reynolds

USA 1985, Regia di Kevin Reynolds con Kevin Kostner e Judd Nelson
Un film metafora sul senso della vita, sulla fugacità del tempo, che comunque sia, passa senza aspettare nessuno. E’ la storia di cinque di amici, che con la scusa di festeggiare l’addio al celibato di uno di loro, decidono di fare un viaggio per celebrare il loro legame: il vero scopo della loro decisione. Un legame che forse sarà interrotto dalla guerra che chiama al proprio servizio due dei protagonisti, che anche se torneranno non saranno più i ragazzi che tutti hanno conosciuto.
Durante il tragitto incontreranno personaggi bizzarri, e situazioni paradossali, in una ambientazione davvero spettacolare.
La loro meta infatti è soprattutto metaforica, il vero obiettivo del viaggio è già dentro di loro, e la paura, ma forse anche la certezza, che il tempo possa cambiare la forza del loro legame sono il motore di tutta la storia. E così la meta del viaggio è in realtà l’inizio di una nuova fase della vita dei protagonisti.
Una bellissima storia sull’amicizia raccontata con profonda semplicità e disarmante ironia che conferiscono al film una comprensione immediata e soprattutto una incisività ancora più efficace, forse per la facile riconducibilità di un’esperienza bizzarra come questa, al passato di ognuno di noi, dove sicuramente l’incoscienza, la giovinezza, ma soprattutto la spensieratezza hanno suggellato grandi amicizie.
Se fosse una canzone “Who’ll stop the rain” dei Creedence Clearwater Revival.

giovedì 9 dicembre 2010

La corriera stravagante - John Steinbeck

Adoro Steinbeck! E con questo suo romanzo, molto meno famoso degli altri, non posso che confermare questa mia certezza!! Anche in quest’occasione l’autore propone con ironia situazioni umane dolorose, nascoste come spesso accade, da apparenze brillanti, ma sempre profonde e indimenticabili per l’incisività con cui il lettore ne rimane coinvolto.
La storia di un gruppo di persone, tutte molto diverse fra loro, che si trova in una località della California degli anni successivi alla Grande Depressione, in attesa di prendere l'unico autobus.
L'attesa diventa una scintilla in grado di accendere ed evidenziare le realtà individuali più intime, facendo non solo incontrare le persone, ma in un contesto paradossalmente claustrofobico anche scontrare.
Finalmente il viaggio riesce ad iniziare, ma questa volta a riproporre "l'attesa" è un violento nubifragio che costringe l'autista ad una deviazione non prevista su una vecchia pista sterrata nella prateria.
I personaggi sono fantastici, e lo stile di Steinbeck nel proporre il carattere e la personalità di ognuno è davvero fenomenale. Meraviglioso il personaggio dell'autista, e della prostituta... ma addirittura eccezionale quello del giovane meccanico Kit/Fignolo.
La narrazione, nonostante sia molto lenta per via della storia, non riesce mai ad annoiare. Le vicende umane narrate con incalzante ironia riescono sempre a tenere incollato il lettore alle pagine di questo romanzo, che scorrono velocissime, nonostante il pullman sia praticamente sempre fermo!!!
Bellissimo, anche se lo consiglio soprattutto a chi ha già letto altre opere di Steinbeck, forse per essere in grado di apprezzarne ancora di più il valore.
Se fosse una canzone, “Save the last dance for me” cantata da Micheal Bublè.

lunedì 6 dicembre 2010

Un vero bugiardo – Vita di un ragazzo nell’America degli anni ‘50 – Tobias Wolff

Un romanzo autobiografico dove con gli occhi di un bambino viene descritto un paese in un periodo di profonda trasformazione.
E’ la storia dell’infanzia dell’autore, trascorsa accanto alla mamma, che con tutte le sue incertezze e dubbi esistenziali, lo costringe ad un continuo vagabondare da una località ad un’altra degli Stati Uniti. Quando poi sembra essere riuscito ad inserirsi in una dimensione “normale” con un compagno della mamma che ha già tre figli, in realtà è solo l’inizio di una fase ben più dura, dove l’uomo si rivela un tiranno nei confronti del protagonista.
E la storia cambia di nuovo, di nuovo in viaggio, in continuo inseguimento di un equilibrio che purtroppo non esiste, e la vita diventa una sopravvivenza, fatta di piccole vittorie, ma anche di grandi sconfitte, dove spesso la cattiveria e la crudeltà sono gli unici ingredienti di una esistenza troppo amara.
Molto bello, incalzante, ironico e soprattutto molto positivo: anche nei momenti peggiori, l'essere bambini aiuta a superare difficoltà incredibili, ma anche a cacciarsi in terribili pasticci!!!
Un passo del romanzo esprime a pieno il senso di sacrificio e di abnegazione del protagonista, ma contemporaneamente la voglia di ribellione e di rivalsa tipica di ogni adolescente:
“L’uomo che si abbandona ad una vita disordinata è impotente di fronte alle avversità. Egli si stanca presto. E’ il tipo che di solito manca di coraggio proprio al momento cruciale. Non sa incassare e tornare al sorriso.”
Lo consiglio a tutti, perché una lettura positiva anche se in un contesto drammatico, può sicuramente far piacere e certamente aiutare a capirsi e ad apprezzarsi di più.
Se fosse una canzone “Moondance” di Micheal Bublè.

venerdì 3 dicembre 2010

Nebbia e cenere – Eraldo Baldini

Un romanzo che dal titolo esprime già una storia gelida e sinistra, lasciando che sia il lettore ad addentrarsi in quello che nasconde. E’ la storia di un uomo che ormai ha smesso di essere un ragazzo, scontrandosi con tutte le illusioni che si sono trasformate in delusioni, costruendo tutto intorno alla propria vita una gabbia di rassegnazione e disillusioni. Il protagonista è un quarantenne, con un travagliato dramma familiare alle spalle, il sogno mai realizzato di poter essere un artista creativo, e sul cuore il peso della fine della propria storia d’amore con il quale confrontarsi continuamente. Un scontro terribile con la propria realtà professionale: l’autista dello scuolabus del suo paesino sperduto nella pianura bolognese. Luogo dove la nebbia e il vuoto sono protagonisti, come veri e propri personaggi di questa narrazione, dove la rassegnazione spinge il protagonista a dare un nome al proprio pulmino: silenzioso compagno delle sue sventure. Il protagonista, schiacciato in questo vortice di elementi avversi, arriverà ad una progressiva perdita di contatto con la realtà, culminando il gesti e azioni quasi ridicole se osservate fuori dal contesto drammatico in cui si verificano.
Il dramma, che fin dall’inizio si può solo percepire è nascosto dietro la nebbia e il vuoto interiore del protagonista, assumendo sempre più consistenza fino ad esplodere in una realtà morbosa e pericolosa per tutti… anche per lo stesso protagonista.
E’ il secondo romanzo di Eraldo Baldini che leggo, e devo ammettere che pur essendo completamente diverso dal primo (Terra di nessuno) è riuscito a stupirmi per una narrazione gelida e profonda, dove alla fine il lettore si sente quasi coinvolto nella realtà claustrofobica di una coscienza stritolata dalla delusioni. Bellissimo il confronto della realtà emotiva del protagonista con il freddo e la nebbia della campagna bolognese.
Se fosse una canzone, “Nuvole rapide” dei Subsonica.

mercoledì 1 dicembre 2010

Hell’s Angels – La vita spericolata di Sonny Barger – Ralph Sonny Barger

Penso che il titolo lasci poco spazio a presentazioni. La storia, dall’inizio fino ai giorni nostri, del MC (Motorcycles Club) più chiacchierato, famoso, e anche ammirato al mondo. Il tutto raccontato intorno all’autobiografia del suo più grande punto di riferimento: colui che negli USA degli anni ’50 (il 1958, per essere precisi) ha fondato, riunendo sotto uno stesso simbolo, il mitico Death Head, diversi gruppi di motociclisti. Il titolo del romanzo autobiografico è il nome del club (HAMC) che si ispira ad uno squadrone dell’aviazione statunitense.
Sonny Barger racconta la propria vita, da quando, bambino, comincia a confrontarsi con una vita difficile per raggiungere una adolescenza segnata da eccessi, violenza, droga e anche dal carcere. E poi… ovviamente dal Club, raccontando da dentro un sacco di episodi che hanno calcato le cronache mondiali, dall’episodio di Altamont, dove durante un concerto dei Rolling Stones nel quale il servizio d’ordine era affidato agli Angeli, a seguito di una rissa un ragazzo perde la vita, fino ai rapporti con la temibile RICO (Racketeer Influenced and Corrupt Organizzation), un’organizzazione governativa finalizzata alla persecuzione di associazioni di crimine organizzato.
La narrazione comprende inoltre tutta la parte più personale della vita dell’autore, raccontando la vita sentimentale e la durissima battaglia contro il cancro, regalando inoltre una serie di splendidi ritratti di persone che hanno segnato la vita del protagonista, continuando a vivere un presente nel quale si è aggiunta anche la dimensione di scrittore (Sonny Barger), quale narratore di un’intera cultura, diventandone egli stesso una delle voci più autorevoli.
Mi è piaciuto moltissimo, per la chiarezza e la sincerità anche imbarazzante di tantissime situazioni, in grado di far veramente comprendere all’opinione pubblica una realtà spesso mascherata dai luoghi comuni dei soliti benpensanti, per cui possono bastare qualche motocicletta e dei tatuaggi per fare la classica banda di brutti sporchi e cattivi.
In questo libro non ci sono eroi o vincitori, è solo la vita di un uomo che dopo un lunghissimo percorso fatto sicuramente anche di sbagli, ha creato un’icona dei nostri giorni, una autentica leggenda vivente, e questo romanzo non è altro che la sua storia, raccontata intorno al significato del “rispetto”, della “libertà” e di tanti altri valori che contraddistinguono la vita di un biker. Dettagli che questa lettura può far essere meno incomprensibili e inaccessibili, pur restando lontanissimi dagli schemi di vita tradizionale fatta di lavoro, famiglia, casa.
Se fosse una canzone proporrei un brano composto proprio in onore degli Angeli, ma di cui non conosco l’interprete e nemmeno il titolo (Spingi forte). Ne approfitto quindi per chiedere se qualcuno conosce questo pezzo…

martedì 30 novembre 2010

Un giorno di fuoco – Beppe Fenoglio

Un raccolta di racconti scritti lungo tutto l'arco della propria vita, ma pubblicati insieme soltanto dopo la morte dell'autore.
I temi sono quelli ormai classici di Fenoglio. In una ambientazione rurale nelle Langhe degli anni ‘40, il vero protagonista di tutti i racconti è la guerra e la Resistenza Partigiana, che anche se non è presente come "scena" ne si può avvertire la presenza, quasi come un fantasma che si aggira in un castello.
La descrizione dei luoghi ha una ricchezza di particolari davvero unica, e rende la scenografia particolarmente coinvolgente, forse anche per la facile riconducibilità geografica. Soprattutto per chi come me su quelle colline e in quei paesi ci è passato molte volte.
La raccolta prende il titolo dal primo dei racconti proposti, la cronaca di un uomo barricato dentro un fienile assediato dai Carabinieri. Sicuramente da ricordare il racconto intitolato "Superino": triste, ma molto coinvolgente dal punto di vista dell’importanza che ha il senso di appartenenza ad una famiglia. Gli altri racconti sono: La sposa bambina, Ma il mio nome è Paco, Pioggia e la sposa, La novella dell’apprendista esattore.
Consiglio la lettura a tutti, anche come semplice avvicinamento a Fenoglio, per la scorrevolezza della scrittura, e l’immediata comprensibilità dei contenuti proposti in modo diretto e accessibile a chiunque.
Se fosse una canzone... forse per le ambientazioni che come sfondo hanno sempre la Resistenza, la canzone partigiana “Fischia il vento

venerdì 12 novembre 2010

Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire – Melissa P.

Un romanzo che secondo me è in realtà una pura e semplice manovra commerciale per creare soldi. Una trovata pubblicitaria sotto le mentite spoglie di una storia erotica con tutti gli ingredienti per incuriosire e avvicinare i lettori, realizzata ad arte, con degli sviluppi davvero drammatici: ha venduto un milione di copie!!!!
Scritto male, con la pretesa di essere creduto autobiografico, è la storia di una ragazzina siciliana, che omette anche il cognome, e che racconta le sue esperienze sessuali.
Fin qui nulla di strano, la storia si sviluppa come una frenetica ricerca di amore, nelle forme più morbose eperverse, pur di concretizzarsi in un sentimento vero.
In realtà è solo una carrellata di "sporcaccionate", che ormai non scandalizzano più nessuno, ma sottolineano la frivolezza e la banalità della narrazione, oltre a mettere in dubbio la veridicità degli episodi e soprattutto il fatto che sia veramente stato scritto da una ragazzina di sedici anni.
E’ scontato, prevedibile, banale, anche se in certi momenti sembra essere avvincente: in realtà si tratta solo di curiosità di fronte a tanta banalità. In una parola potrei definirlo "pessimo". Pertanto sconsiglio il supplizio a tutti, a meno che non ci si voglia punire con qualcosa di infinitamente deludente.
Considerato che non riesco proprio a classificarlo come un’opera d’arte, ma solo come una manovra di marketing, mi riesce difficile paragonarlo ad una canzone: se proprio devo trovare un paragone … facciamo la stupenda “Do U Still” dei favolosi East 17.

giovedì 11 novembre 2010

Nessuno lo saprà. Viaggio a piedi dall'Argentario al Conero – Enrico Brizzi

Ecco un altro titolo sul bellissimo universo dei viaggi. Non una guida turistica, e nemmeno una cronaca di viaggio… forse solo un percorso dove il cammino fisico si confonde con quello emotivo del protagonista.
Il romanzo è di natura autobiografica e racconta un viaggio a piedi fatto dall’autore, in compagnia di due amici, dall’Argentario (Toscana) fino al promontorio del Conero (Marche). Le motivazioni di questo cammino trovano radici nel bisogno di un’impresa in grado si sancire un passaggio generazionale dall’età giovanile e spensierata a quella più matura: Brizzi lascia a casa la moglie e il figlioletto piccolissimo, per un’impresa dove la fatica del cammino si unisce alla responsabilità di accettare la propria maturità.
La narrazione è davvero divertente e molto dettagliata dal punto di vista dei particolari geografici e conduce il lettore alla scoperta di un mondo davvero a portata di mano, ma ignorato da tutti forse proprio per questo motivo: una dimensione tranquilla e rilassata che offre al lettore un punto di vista diverso dal quale guardare luoghi e paesaggi che si riterrebbero scontati durante un viaggio tradizionale. Bellissima la definizione dei dettagli della vita del pellegrino: pericoli, limiti, paure, ma anche vittorie, soddisfazioni e soprattutto vedere quanto un’esperienza del genere possa essere in grado di cementare un’amicizia. E su questo argomento è da ricordare lo stupendo ritratto che Brizzi offre del “Vietnamita”, suo compagno di viaggio nonché bizzarro e travolgente amico.
Un frase, in particolare, mi ha colpito molto, e a mio avviso riprende in pieno il significato di questo romanzo:
”In ogni caso andare è meglio di restare fermi a prepararsi per un futuro che non verrà, la vita di puro entusiasmo come la sognavate da ragazzi.”
Se fosse una canzone, “Storie di tutti i giorni  di Riccardo Fogli

mercoledì 10 novembre 2010

Strade blu – William Least Heat-Moon

L’autore dopo essersi separato dalla moglie cambia nome, assumendo quello tramandato dalle sue origini pellerossa, e parte per un viaggio di oltre ventimila chilometri attraverso gli Stati Uniti, senza una meta apparente, alla guida del suo vecchio furgone. Questo è il romanzo che celebra quest’esperienza, offrendo ai lettori suggestioni uniche che vanno oltre il comune racconto di un viaggio dando spunti per riflessioni esistenziali.
Il viaggio ha un ritmo lento, scandito dalla voglia di scoprire un contatto con il lato più nascosto del paese, fatto di persone comuni in località anonime e sperdute, come se l’autore stesse operando una ricerca minuziosa di qualcosa andato smarrito, cominciando dai posti più nascosti, quelli dove non sono ancora arrivati i centri commerciali, dove le persone non sono ancora asserragliate dietro paure e indifferenza, dove paesi e villaggi sono solo nomi sconosciuti su strade secondarie che le carte stradali rimarcano appena… le strade blu appunto. Il significato che sono riuscito a cogliere è proprio questo: ritrovare quanto nella monotonia di tutti i giorni si è progressivamente perduto.
A rendere la lettura più entusiasmante è il tono ironico, che trasmette confidenza con il lettore, offrendo la sensazione di trovarsi realmente in viaggio con l’autore attraverso luoghi e suggestioni irripetibili, provando un senso di malinconia quando si giunge al termine della lettura: lo stesso amaro stato d’animo che pervade ognuno quando, terminata una vacanza meravigliosa, si torna alla vita di tutti i giorni.
Il romanzo mi è piaciuto moltissimo e nonostante non si possa definire originale per i contenuti trattati, è sicuramente una lettura piacevole che difficilmente si può dimenticare. Lo consiglio a tutti e in particole agli amanti del genere (che lo troveranno un vero best-seller), con l’avvertimento che si tratta di una lettura molto “pericolosa”, in quanto si è continuamente pungolati dalla voglia di riempire una borsa con l'indispensabile e partire!!!
Se fosse una canzone “Here’s to you” cantata da Joan Baez.

martedì 9 novembre 2010

The Wild One – (Il selvaggio) - Laslo Benedek

USA1953, regia di Laslo Benedek, con Marlon Brando e Lee Marvin.
Un film davvero epico. Uno schiaffo in pieno volto all’America bigotta e benpensante dell’immediato secondo dopoguerra. Questo film, alla sua uscita, è stato vietato ai minori di anni 21 e in alcuni stati, addirittura ritirato dalle sale per la drammaticità dei contenuti. Paragonato alla realtà odierna è più o meno come un cartone animato, e questa, forse, è la riflessione più acuta per comprendere la realtà storico-sociale americana di quegli anni.
La storia, è la trasposizione cinematografica ovviamente (e inutilmente… Purtroppo!!!) romanzata, dei fatti verificatisi il 4 luglio 1947 nella cittadina californiana di Hollister (nel film diventata la cittadina di fantasia di Wrightsville), dove in occasione di un motoraduno clandestino, il Gipsy Tour, si verificarono problemi di ordine pubblico.
Hollister 1947
In particolare, secondo le cronache, decine e decine di ragazzi, molti individualmente e alcuni organizzati in club (Motorcycles Club… gli MC appunto) quali Pissed Off Bastards of Bloomington MC, 13 Rebels MC, Boozefighters MC, Top Hatters MC per ricordare i più famosi, si ritrovano in questa anonima cittadina di provincia per divertirsi e fare baldoria: persone qualunque, tra cui molti reduci di guerra, a bordo delle loro motociclette, comprate per pochi dollari dall’Esercito degli Stati Uniti tra i mezzi bellici ormai dismessi, ed elaborate a proprio gusto. Purtroppo la goliardia, la spensieratezza (finalmente la guerra era finita), le spericolatezze in moto e qualche bicchierino di troppo sono sufficienti a scandalizzare e terrorizzare la popolazione locale, estremamente bigotta e bacchettona.

Marlon Brando

Nel film si racconta la storia di Johnny (Marlon Brando) che approda nella cittadina di Wrighsville con il suo gruppo di amici, e dove non manca occasione di far emergere la rivalità con il gruppo guidato da Chino (Lee Marvin), il tutto condito dalla presenza di una ragazza facile vittima del fascino del "motociclista maledetto”. Il film è questo, e si ferma ad un flirt tra Johnny, e la ragazza locale. Il nome del Club del protagonista è di fantasia, anche se negli anni successivi nascerà un Black Rebel MC, ma senza alcun collegamento con il film o i fatti successi ad Hollister. Da notare il ruolo di Lee Marvin che interpreta senza troppa finzione “Wino” Willie Forkner, membro fondatore dei Boozefighters MC, ed ispiratore del personaggio.
Nella realtà, la storia è proseguita con una dichiarazione del Presidente dell’AMA (American Motorcyclist Association), che per prendere le distanze dall’episodio esclama che i protagonisti di quei fatti “incresciosi” sono soltanto l’1% dei motociclisti americani. La risposta dei vari MC presenti non si è fatta attendere, con la presa di coscienza di se stessi, e l’ostentazione con orgoglio di una toppa (patch) cucita sul giubbotto con  lo stemma 1% in bella vista. Da allora ad oggi è storia… un’altra storia.
Il film è carino. Il classico polpettone holliwoodiano anni 50, ma almeno è considerato una pietra miliare nel cinema on the road, senza contare il suo enorme valore dal punto di vista evocativo. I dialoghi sono quello che sono e la fotografia … anche. Stupenda la scena finale…
Se fosse una canzone, “Highway to hell” degli AC/DC.
13 Rebel MC
Boozefighters MC

Top Hatters MC


La strada per Los Angels – Joe Fante

E’ il primo romanzo che ho letto di Joe Fante e l’ho scelto nonostante sia stato pubblicato cinquant’anni dopo essere stato scritto, ma nonostante cio’ costituisce il primo vero capitolo della saga di Arturo Bandini, anche se la critica ha eletto come opera migliore “Chiedilo alla polvere”.
Mi ha davvero colpito: cattivo, politicamente scorretto, razzista, megalomane, e soprattutto il primo romanzo che abbia mai letto nel quale si legge una bestemmia.
E’ la storia di Arturo Bandini, un adolescente, figlio di emigranti italiani nell’America delle grande Depressione, che suo malgrado si trova costretto a dover mantenere la mamma e la sorella dopo la morte del babbo. Proprio con la mamma e la sorella, devota religiosa praticante, accentuerà le cause dei suoi conflitti interiori che lo propongono alla società in modo spesso ridicolo. E così in un insieme di aggressività, violenza, intolleranza, provocazione, megalomania, razzismo puro e sadismo, Bandini combatte la sua guerra contro il mondo, incitandosi continuamente con letture di filosofia di Nietzsche  e di altri grandi filosofi (di cui ammette egli stesso di capire pochissimo, ma di accontentarsi dello spessore culturale di tali letture).
Stordito dal mito del super uomo, nonché dalla totale incomprensione che il mondo ha nei suoi confronti, Bandini viene offerto al lettore come un indimenticabile personaggio, … che se fosse davvero esistito basterebbe da solo a spiegare la tanta diffidenza degli americani nei confronti degli emigranti italiani.
Bello, veloce, ma assolutamente non convenzionale, risulta in certi passaggi addirittura fastidioso per la delirante follia del protagonista… forse proprio perché trattasi di una narrazione molto coinvolgente. Fantastico il rapporto di amore/odio con le “sue donne”. Lo consiglio a tutti.
Se fosse una canzone, “Paranoid” dei Black Sabbath

lunedì 8 novembre 2010

Pian della Tortilla – John Steinbeck

Questo è il romanzo (strabiliante) che ha consacrato Steinbeck alla notorietà e da qui si posso percepire temi e ambientazioni che resteranno tra quelli prediletti dell’autore anche in altre opere future.
Pian della Tortilla è una zona vicino Monterey, in California, dove si svolge la storia di un gruppo di amici che pur vivendo alla giornata fa dell'amicizia che li lega una ragione di vita: unendo le soddisfazioni ma anche le sconfitte della vita e superando sempre tutto stando uniti.
L'intreccio della vicenda parte da una casa ricevuta in eredità, dal protagonista, nella quale progressivamente si aggiungono amici con il loro carico di problemi, ma anche di entusiasmo e soprattutto di vita, e dove le giornate trascorrono con lo stesso spirito di quando gli occupanti erano semplici vagabondi le cui uniche preoccupazioni erano bevute con gli amici e sbornie da smaltire.
L'autore offre una narrazione estremamente positiva, con un ritmo veloce, che ruota attorno a personaggi descritti in maniera magistrale. Gli attori di questa storia sono i soliti di Steinbeck, che vivono una esistenza picaresca, ai margini della società, ma profondamente coscienti della loro condizione, della quale l’autore esalta anche l’entusiasmo di non appartenere a schemi imposti dalla società, e dove anche una casa con le comodità che offre può essere fonte di preoccupazioni.
Lo spirito è certamente positivo, ma un velo di amarezza pervade il lettore soprattutto alla fine, quando si svelano le tematiche che hanno animato l’autore per la composizione di questo romanzo. Ritengo che non sia un difetto, ma una caratteristica di Steinbeck...
Se fosse una canzone, per lo spirito allegro ed entusiasta “Thank you God, I’m a country boy” di John Denver.

venerdì 5 novembre 2010

Vernon God Little - DBC Pierre

Un romanzo davvero cattivo. Un freddo ritratto della moderna America di provincia, dove il "Sogno Americano", non è mai arrivato, e i protagonisti sono sempre e comunque degli sconfitti.
E ‘ la storia di un ragazzino che si trova coinvolto in un fatto di cronaca più grande di lui: nella sua cittadina (Martirio... e già il nome è tutto un programma!!) sperduta nella provincia da qualche parte nel Texas, avviene il massacro di alcuni compagni di scuola ad opera del suo migliore (nonchè unico) amico.
E il protagonista, ribelle, sfrontato, aggressivo, misantropo, è una fin troppo facile preda dei cacciatori di colpevoli. In una realtà dove la felicità è costituita dal possedere oggetti e dal comparire in televisione, una condizione finta e surreale dove egli, da sempre condizionato, comincia a riscoprire il senso della vita proprio dalla sua fuga: proprio compiendo quelle scelte e quei gesti che nessuno di noi compierebbe mai, sottolineando la sua enorme inettitudine alla vita. In questo modo tutta la storia diventa una scena surreale dove tutti gli altri attori sono nemici e anche quelli che egli ritiene essere dalla propria parte si rivelano schiavi di un sistema che ormai ha fagocitato tutto e tutti, lasciando come ultima e unica possibilità la fuga.
Molto bello, mantiene sempre un ritmo vivace e veloce, con dialoghi spesso volgari e violenti, ma sicuramente consoni alla realtà della narrazione. Graffiante la morbosa e perversa attrazione che il protagonista nutre nei confronti della biancheria intima femminile. Bellissime le descrizioni dei personaggi... in particolare le amiche della mamma del protagonista.
Se fosse una canzone "American idiot" dei Green Day.

giovedì 4 novembre 2010

In un paese bruciato dal sole – L’Australia – Bill Bryson

Uno dei più bei romanzi di viaggio che abbia letto. E se avete in mente una dimensione psichedelica e filosofica come quella proposta da Kerouac in "On the road"... bhè, dimenticatela!!! Non a caso l'autore viene considerato da molti critici uno dei principali "travellers writers"
Bryson, compie questo viaggio attraverso l'Australia, percorrendo strade famose, ma anche viaggiando su piste e sentieri, incontrando persone bizzarre, soffermandosi su dettagli e piccole cose che rendono davvero grande questo paese. Molto più di una guida turistica, e soprattutto una di cronaca di viaggio e a metà tra il diario e il saggio.
Sono presenti un sacco di nomi di località, con racconti a volte anche terribili di episodi che ne hanno segnato e contraddistinto il passato, ma che nessuno leggerà mai su un libro di storia. Bellissima l'importanza che l'autore dona alla natura, l'incontrastato protagonista di tutta l'opera, che con una narrazione ironica, divertente, ma anche attenta e pignola, riesce ad incantare il lettore.
Attenzione... dopo averlo letto, la voglia di partire per l'Australia diventa davvero tanta!!! E se prima era solo una curiosità, gli spunti di suggestioni regalati da questa lettura saranno una valida motivazione per scegliere questo paese come meta del prossimo viaggio. Per questo motivo, lo consiglio a tutti... a chi ama l'Australia, perché  scoprirà un sacco di dettagli e curiosità nuove, e anche a chi non l'ha mai considerata come qualcosa di speciale... e alla fine ne resterà innamorato!!
Se fosse una canzone, "Turn turn turn" dei The Birds.

mercoledì 3 novembre 2010

Terra di nessuno - Eraldo Baldini

Questo è il primo romanzo che ho letto di Baldini, e mi è rimasto particolarmente impresso per lo stato d'animo che riesce ad infondere nel lettore. Una lettura breve ma talmente coinvolgente da fare davvero paura. Tanto!
La storia di quattro ragazzi reduci dalla Prima Guerra Mondiale, che per riuscire a ritrovare una dimensione sociale, riformano il loro "gruppo" lo stesso che al fronte li ha resi testimoni degli orrori della guerra, decidendo di fare i carbonai trasferendosi in un bosco. Luogo, nel quale troveranno ben altro rispetto alla placida normalità fatta di lavoro che si aspettavano...
Un intreccio che ha il solo obiettivo di mettere in luce la fragilità umana di fronte all'incubo onirico della morte. La paura sconvolgente che incolla il lettore alle pagine parte proprio da qui... dal terrore che è tornato dal fronte con i protagonisti. Non ci sono vampiri, zombie, o altre figure immaginarie che hanno da sempre personificato il terrore. Qui i "cattivi" sono il freddo, il buio, l'odore di corpi decomposti, il vento gelido, i rumori della notte... e poi lui... il lupo. Quello che da piccoli era il principale protagonista negativo delle fiabe ritorna proponendo una figura talmente terribile da superare la superficiale impressione di una banalità.
Tutta la narrazione si svolge all'interno di un bosco, che assume sempre più i connotati di una prigione, dall'aspetto sempre più claustrofobico e terribile.
Con lo scorrere della narrazione il ritmo diventa sempre più acceso, accrescendo nel lettore un senso di angoscia e di impotenza di fronte all'orrore sconosciuto, ma percepito soltanto per indizi... come un fantasma che si aggira in un vecchio castello.
Spettacolare e al tempo stesso terrificante la conclusione, dove il vero protagonista della narrazione getta la maschera scoprendo tutta la sua orribile natura: la guerra non lascia mai dei vincitori, ma solo dei reduci.
Se fosse una canzone la gelida e inquietante "Korn" dei Forseti.

L'anello forte - Nuto Revelli

Un opera davvero eccezionale. Una raccolta di interviste, operate personalmente dall’autore negli anni 70/80, a donne che con il loro impegno, abnegazione,sacrificio e determinazione, hanno sostenuto la figura della famiglia come perno principale della società contadina piemontese.
Una serie di racconti individuali, dove singolarmente ogni donna racconta all’autore le proprie esperienze di vita: dal matrimonio, ai figli, alle malattie, al lavoro, alla guerra, ma anche al sesso e ai brevi momenti di svago.
Un ritratto meraviglioso di una figura (la donna appunto) spesso lasciata in secondo piano, sempre dietro a ruoli più importante ed eroici. In quest’opera invece l’autore riesce a mettere in risalto l’estrema importanza di queste persone, che con i loro sacrifici hanno contribuito a far rialzare l’Italia dal disastro bellico.
E’ una lettura particolare, non ci sono eroi o vincitori, e i protagonisti sono persone qualunque, nelle quali chiunque di noi è in grado di riconoscere almeno una nonna o una zia…
Trattandosi di una narrazione a metà tra il saggio e il racconto biografico, può apparire noiosa, e le motivazioni per una lettura di questo tipo devo essere ovviamente animate da un sentimento di interesse verso l’argomento.
A me è piaciuto tantissimo, soprattutto perché vengono riportate citazioni esplicite di luoghi, episodi e date, che danno all’opera un ulteriore valore di riscontro reale.
Estremamente toccante il racconto della ragazza che lascia la Calabria per trasferirsi nel Roero (provincia di Cuneo) per sposarsi con un ragazzo praticamente sconosciuto… con il quale dividerà la propria vita, con sacrificio, abnegazione, ma anche amore e rispetto reciproco. Una meravigliosa lezione di vita a tanti giovani di adesso, troppo abituati a pretendere, e poco propensi al sacrificio.
Se fosse una canzone, “Le mamme” di Toto Cotugno.

martedì 2 novembre 2010

Badlands - Terrence Malick

USA 1959 - Di Terrence Malick, con Martin Sheen e Sissy Spacek
Un film poco conosciuto dalla generazione attuale, ma davvero sconvolgente e terribile per la società americana degli anni 50. Politicamente scorretto, uno schiaffo ai bigotti benpensanti. Malick colpisce nel segno con un film incisivo e tagliente, sicuramente indimenticabile, che anche senza scene di sangue esplicite, riesce a trasmettere lo sgomento della vita normale di fronte alla violenza, accentuandone il paragone con il confronto tra i protagonisti Martin Sheen e Sissy Spacek.

Martin Sheen

E’ la storia di un ribelle, dell’anonima e operosa provincia americana, che sedotta una ragazzina umile e sprovveduta, parte per una folle corsa verso il nulla, lasciando dietro di se una scia di sangue e violenza. Una fuga soprattutto da se stesso, dove i cattivi sono coloro che rappresentano le regole, che fanno rispettare la legge e tutte le persone che appartengono alla società "normale", dalla quale egli si sente rifiutato. Il destino del protagonista pare delinearsi con l’evoluzione della storia, in un crescendo di ritmo che non lascia mai nulla per scontato.
Negli anni 90 è stato fatto anche un remake con Woody Harrelson e Juliette Lewis "Natural Born Killer": più violento, più crudo, e sicuramente meno coinvolgente dell'originale.... come per tutti i remake ovviamente.
Bellissima la fotografia, per non parlare della colonna sonora, creata appositamente dal grande maestro Carl Orff.
Se fosse musica, penso che non ci potrebbe essere un brano migliore della sua stessa colonna sonora: "Musica Poetica" di Carl Orff.