Yates, quello che definisco un altro mostro sacro della letteratura americana. Con questo romanzo, uno dei più famosi, ma da molti ritenuto il migliore, propone un ritratto dell’America di provincia durante i difficili e convulsi anni della Seconda Guerra Mondiale, raccontando le vicende di due famiglie che si incontrano e si accavallano secondo i destini, comunque già scritti, dei rispettivi protagonisti.
E’ la storia di Evan Shepard, giovane ribelle e inquieto, che conosce per caso Rachel Drake, ragazza umile e sola, illudendo e prospettando una vita che egli non avrà mai, continuamente condizionato dai suoi errori e vittima di equilibri familiari comunque compromessi. Il legame sentimentale dei due giovani è l’occasione per presentare al lettore due drammi familiari, quello dei Shepard e quello dei Drake, completamente diversi, ma comunque segnati dalla disillusione di sogni mai realizzati, in una dimensione in cui il sogno stesso è una semplice vita normale, e non come sempre accade solo una gelida apparenza.
Il significato è molto profondo e si concentra tutto sul disequilibro tra apparenza serena e realtà sofferta e difficile.
Il ritmo della narrazione è volutamente lento, e offre in questo modo una percezione maggiore dei comportamenti e del carattere dei personaggi, trasmettendo un senso di continuità scenica quasi teatrale che non annoia mai il lettore.
Mi è piaciuto molto, ma ne consiglio la lettura solo agli amanti del genere, perché un significato così profondo può essere colto soltanto con una lettura attenta e dedicata: non è un romanzo da ombrellone.
Se fosse una canzone “That’s life” di Frank Sinatra.
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