Un romanzo molto particolare, che sicuramente lascerà il segno, finendo per essere ricordato per la sua cruda freddezza di metafora della vita, dove spesso i cattivi non sono così cattivi come si finisce per credere, e i buoni non sono poi così buoni come eravamo abituati a vederli.
La storia di Isserley, una ragazza di una ventina di anni che vive in un angusto villaggio (all’apparenza disabitato) sulle Highlands scozzesi, e che passa il tempo a caricare autostoppisti per portarli nella sua fattoria.
La trama diventa poi ben più complessa e agghiacciante, per avere successivamente dei risvolti addirittura terrificanti. Continuare a raccontare, anche sinteticamente, la storia equivale a rovinare il fascino di una narrazione che si svela progressivamente: alle volte delicatamente, alle volte con colpi di scena talmente inaspettati da costringere il lettore a rileggere un capoverso… proprio per la forza della sorpresa.
Una bellissima storia dove la realtà si mescola con la fantasia, e dove i “cattivi” alla fine non sono poi tanto diversi dai “buoni”, le prede, che nel romanzo vengono chiamati “vodsel”. Una splendida riflessione sul rapporto tra l’uomo e la natura che lo circonda, dove alla fine non esiste un vero e proprio inizio e nemmeno una vera e propria fine. Ma anche una bellissima storia d’amore, sicuramente diversa dai consueti libri della Harmony, ma comunque una storia dove la protagonista è animata da un sentimento davvero forte e travolgente.
Mi è piaciuto molto, per la particolare caratteristica della narrazione, sempre incalzante: anche nei momenti apparentemente più lenti non si riesce mai a prevedere cosa potrebbe succedere nella pagina successiva.
Magistrale la scena in cui la protagonista subisce uno stupro da un autostoppista… o meglio… un tentativo di stupro…
Se fosse una canzone, per l’argomento trattato e per la forza delle situazioni, sicuramente “Prowler” degli Iron Maiden.
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