Penso che il titolo possa essere sufficiente per saltare le presentazioni! Moby Dick non è solo un romanzo è anche un personaggio del nostro immaginario, un’icona dell’universo marino che ci avvolge, ricoprendo il ruolo che ha conquistato in più di un secolo di vita, da quando Melville con quest’opera ha dato vita a questa figura totale.
Moby Dick non è solo una balena, è l’ignoto, la paura, la lotta dell’uomo contro la natura, il bene e il male, e l’eterno equilibrio che li avvicenda, ma soprattutto una splendida occasione per proporre un fantastico romanzo sull’animo umano.
“Chiamatemi Ismaele” … Comincia così, con un imperativo, un ordine che rende ancora più incisivo il ruolo del protagonista, come a voler fissare il suo nome perché al posto di quello potrebbe essercene qualunque altro.
Questa è la storia di Ismaele, giovane avventuriero americano che decide di imbarcarsi su una nave baleniera negli Stati Uniti del XIX secolo, quando ancora le spedizioni duravano anni e la zona di caccia era il mondo intero. La nave è il Pequod e fin dal primo incontro l’autore la offre con un ritratto sinistro (ossa di balena esposti come trofei di caccia), che non nasconda l’aspetto più spaventoso: l’anima perversa del suo comandante, il Capitano Acab.
Acab si svela al protagonista, che è anche la voce narrante, solo dopo la partenza per un viaggio che porterà l’equipaggio intorno al mondo, svelando poco per volta la propria natura e il vero scopo del viaggio: non la cattura delle balene per il prezioso olio, ma la folle e scellerata caccia di Moby Dick. Il vero protagonista è quindi il capodoglio albino responsabile di aver strappato una gamba al Capitano Acab durante una battuta di caccia finita con l’affondamento della lancia.
Moby Dick viene presentato come un essere malvagio, sfuggito all’inferno, il cui unico obiettivo è la caccia degli uomini con spietata e intelligente freddezza.
Melville parte da quest’intreccio semplice per offrire uno splendido ritratto dell’animo umano intorno a personaggi meravigliosi descritti con magistrale e indimenticabile abilità: dopo aver letto questo romanzo sarà difficile dimenticare Acab, Queequeg, Starbuck, Stub e tanti altri. Il ritmo alterna momenti di grande lentezza intorno a digressioni scientifiche, naturalistiche, e filosofiche a momenti concitati e velocissimi in grado di far trattenere il fiato per l’azione o per l’angoscia trasmesse: indimenticabile il passo dell’incontro del Pequod con una baleniera alla disperata ricerca di alcuni suoi naufraghi (tra cui il figlio del comandante stesso), affondati con la propria lancia proprio da Moby Dick.
Altro protagonista indiscusso dell’opera è il mare, con la sua immensità in grado di stuzzicare poeti, ma anche di portare alla follia naviganti in balia degli elementi. Molto espressivo questo passo:
E quello stesso giorno, ancora, Starbuck, guardandolo dal fianco della sua lancia, nelle profondità di quel mare dorato, mormorò sottovoce <<Bellezza in scandagliabile, quale mai un amante vide negli occhi della giovane sposa! Non parlarmi dei tuoi squali con i denti in fila e dei tuoi modi cannibaleschi da rapitore di fanciulli Che la fede si sostituisca ai fatti e la fantasia alla memoria; io guardo nell’abisso profondo, e credo.>>.
Ritengo che “Moby Dick” sia una lettura fondamentale, della quale nessuno possa privarsi: pertanto ne consiglio la lettura a tutti, precisando che non si tratta di un libro da Autogrill, e che quindi, per essere apprezzato, necessita di grande attenzione ed entusiasmo.
Se fosse una canzone "The Storm" dei Savatage.
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