“Gente di Dublino” è una raccolta di racconti di cui avevo sentito più volte parlare in discussioni animate da commenti fortemente contrastanti. Joyce è indubbiamente una figura di enorme spessore letterario, e una sua opera non può certamente essere banalizzata con un “bella” o un “brutta”; ciò nonostante le impressioni soggettive emergono sempre, lasciando magari in secondo piano il valore letterario riscontrato.
L’opera è appunto una raccolta di racconti, alcuni brevissimi, dove il protagonista comune è la città di Dublino, nella quale sono ambientate tutte le storie e della quale progressivamente l’autore propone descrizioni, molto realiste, e a volte anche accurate, con la narrazione di episodi anche banali che ripercorrono tutte le fasi salienti della vita umana. Si parla di gioventù, amore, morte, coraggio, ma le descrizioni dei personaggi sono sempre molto piatte, e il ritmo è davvero lentissimo. Si ha sempre la percezione che non succeda nulla, e spesso al termine di una lettura l’amarezza di una conclusione triste è quasi una condanna ad un giudizio negativo.
Purtroppo, forse a causa di queste caratteristiche, l’impressione non è positiva e si ha spesso difficoltà a ricordare ogni singola storia, con la sensazione amara di non aver individuato il significato dell’opera nel suo insieme.
I racconti sono brevi, e forse per questo non è difficile terminare la lettura, ma mi sento di consigliare questo libro soltanto a chi veramente motivato a conoscere una scrittura molto profonda, ma comunque avara di emozioni forti e coinvolgenti.
Se fosse una canzone, “Watermark” di Enya.
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