giovedì 9 giugno 2011

Il deserto dei tartari – Dino Buzzati

Questo romanzo è solitamente una delle proposte più classiche per le letture di narrativa scolastica: purtroppo in adolescenza è abbastanza raro trovare le capacità di comprenderlo e apprezzarlo in tutto il suo immenso valore.
Il romanzo è la  storia semplice di un uomo che non ha nulla di eroico se non la volontà di attendere grandi cose dalla propria vita: il giovane tenente Giovanni Drogo, che viene assegnato temporaneamente ad una fortezza di confine, estremo baluardo di una difesa che non deve conoscere punti deboli di fronte ad un nemico che nessuno ha mai visto.
La fortezza Bastiani, è isolata in mezzo alle montagne, ed affacciata verso una landa desolata che ricorda con la sua ingombrante presenza l’assurdità che la guerra costituisce, inventando minacce e paure in grado di condizionare vite intere.
L’atmosfera quasi claustrofobica, e le grandi ambizioni, alimentate anche da modelli di ufficiali più anziani, arrivano a rapire e condizionare le volontà del protagonista, che poco per volta, anno dopo anno rimane sempre più attaccato in una simbiosi quasi morbosa con quella dimensione militare che lo allontana sempre di più dalla vita normale. Le brevi licenze si fanno sempre più rare, ed ogni volta è sempre più doloroso il confronto con una realtà così diversa da quella del proprio ruolo militare.
Il richiamo della Fortezza è sempre più forte, alimentato dalla convinzione che la guerra debba per forza arrivare, e con essa la giustificazione legittima di una vita spesa ad inseguire un sogno.
Struggente il passo in cui Drogo, dopo decenni di servizio, rientrando da una licenza incontra un giovane ufficiale diretto alla Fortezza, ripercorrendo a ruoli invertiti la stessa situazione che lo aveva visto protagonista con un anziano capitano il giorno del suo arrivo: la vita è passata e quel sogno perverso non si è mai avverato.
La metafora del romanzo diventa evidente quando la guerra arriva sul serio e il protagonista, ormai troppo vecchio e malato, deve lasciare il forte per andare a morire da solo in una locanda come un qualunque civile. La vita è passata, definitivamente… e con essa tutti quei sogni scrutati per tanti anni con un vecchio cannocchiale sul filo dell’orizzonte, immaginando più che guardando…
E’ il primo romanzo che rileggo per la seconda volta, in quanto a sedici anni era soltanto una storia, ma ora con la vita che comincia a proporre i primi bilanci diventa uno spunto riflessivo, che coinvolge ben oltre una semplice storia militare, proponendo con acceso entusiasmo la lotta del tempo contro la vita: uno scontro dove il risultato migliore può essere soltanto un equilibrato compromesso.
Il romanzo mi è piaciuto tantissimo, per la scorrevolezza decisa, e soprattutto per la forza di alcune riflessioni, che assumono un’incisività talmente profonda da fermare la lettura con meditazioni individuali. In particolare, ripropongo alcuni passi particolarmente incisivi:

Drogo però non lo sapeva, non sospettava che la partenza gli sarebbe costata fatica, né che la vita della Fortezza inghiottisse i giorni uno dopo l’altro tutti simili, con velocità vertiginosa. Ieri e l’altro ieri erano eguali, egli non avrebbe più saputo distinguerli; un fatto di tre giorni prima o di venti finiva per sembrargli egualmente lontano. Così si svolgeva alla sua insaputa la fuga del tempo.

Nessuno c’era che gli dicesse “Attento, Giovanni Drogo!”. La vita gli appariva inesauribile, ostinata illusione, benché la giovinezza fosse già cominciata a sfiorire.

<<Ho saputo accontentarmi>> diceva il maggiore accorgendosi dei pensieri di Drogo. <<Anno per anno ho imparato a desiderare sempre meno. Se mi andrà bene, tornerò a casa col grado di colonnello>>.

E a più di quarant’anni, senza aver fatto nulla di buono, senza figli, veramente solo nel mondo, Giovanni Drogo si guardava attorno sgomento, sentendo declinare il proprio destino.

Ritengo che sia una lettura indispensabile quanto fondamentale e lo consiglio davvero a tutti: in particolare a coloro che inseguono un sogno.
Nel 1976 è stato anche realizzato un film, quale trasposizione cinematografica della storia, per la regia di Valerio Zurlini e tra gli attori Giuliano Gemma e Vittorio Gassman: come sempre accade pur essendo ben fatto è assolutamente inferiore al romanzo, offrendo un’incisività che solo chi ha letto l’opera originale può percepire.

Se fosse musica, il “Silenzio” suonato nella versione fuori ordinanza di Nini Rosso.

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