Ecco un altro titolo sul bellissimo universo dei viaggi. Non una guida turistica, e nemmeno una cronaca di viaggio… forse solo un percorso dove il cammino fisico si confonde con quello emotivo del protagonista.
Il romanzo è di natura autobiografica e racconta un viaggio a piedi fatto dall’autore, in compagnia di due amici, dall’Argentario (Toscana) fino al promontorio del Conero (Marche). Le motivazioni di questo cammino trovano radici nel bisogno di un’impresa in grado si sancire un passaggio generazionale dall’età giovanile e spensierata a quella più matura: Brizzi lascia a casa la moglie e il figlioletto piccolissimo, per un’impresa dove la fatica del cammino si unisce alla responsabilità di accettare la propria maturità.
La narrazione è davvero divertente e molto dettagliata dal punto di vista dei particolari geografici e conduce il lettore alla scoperta di un mondo davvero a portata di mano, ma ignorato da tutti forse proprio per questo motivo: una dimensione tranquilla e rilassata che offre al lettore un punto di vista diverso dal quale guardare luoghi e paesaggi che si riterrebbero scontati durante un viaggio tradizionale. Bellissima la definizione dei dettagli della vita del pellegrino: pericoli, limiti, paure, ma anche vittorie, soddisfazioni e soprattutto vedere quanto un’esperienza del genere possa essere in grado di cementare un’amicizia. E su questo argomento è da ricordare lo stupendo ritratto che Brizzi offre del “Vietnamita”, suo compagno di viaggio nonché bizzarro e travolgente amico.
Un frase, in particolare, mi ha colpito molto, e a mio avviso riprende in pieno il significato di questo romanzo:
”In ogni caso andare è meglio di restare fermi a prepararsi per un futuro che non verrà, la vita di puro entusiasmo come la sognavate da ragazzi.”
Se fosse una canzone, “Storie di tutti i giorni” di Riccardo Fogli
Nessun commento:
Posta un commento