martedì 30 novembre 2010

Un giorno di fuoco – Beppe Fenoglio

Un raccolta di racconti scritti lungo tutto l'arco della propria vita, ma pubblicati insieme soltanto dopo la morte dell'autore.
I temi sono quelli ormai classici di Fenoglio. In una ambientazione rurale nelle Langhe degli anni ‘40, il vero protagonista di tutti i racconti è la guerra e la Resistenza Partigiana, che anche se non è presente come "scena" ne si può avvertire la presenza, quasi come un fantasma che si aggira in un castello.
La descrizione dei luoghi ha una ricchezza di particolari davvero unica, e rende la scenografia particolarmente coinvolgente, forse anche per la facile riconducibilità geografica. Soprattutto per chi come me su quelle colline e in quei paesi ci è passato molte volte.
La raccolta prende il titolo dal primo dei racconti proposti, la cronaca di un uomo barricato dentro un fienile assediato dai Carabinieri. Sicuramente da ricordare il racconto intitolato "Superino": triste, ma molto coinvolgente dal punto di vista dell’importanza che ha il senso di appartenenza ad una famiglia. Gli altri racconti sono: La sposa bambina, Ma il mio nome è Paco, Pioggia e la sposa, La novella dell’apprendista esattore.
Consiglio la lettura a tutti, anche come semplice avvicinamento a Fenoglio, per la scorrevolezza della scrittura, e l’immediata comprensibilità dei contenuti proposti in modo diretto e accessibile a chiunque.
Se fosse una canzone... forse per le ambientazioni che come sfondo hanno sempre la Resistenza, la canzone partigiana “Fischia il vento

venerdì 12 novembre 2010

Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire – Melissa P.

Un romanzo che secondo me è in realtà una pura e semplice manovra commerciale per creare soldi. Una trovata pubblicitaria sotto le mentite spoglie di una storia erotica con tutti gli ingredienti per incuriosire e avvicinare i lettori, realizzata ad arte, con degli sviluppi davvero drammatici: ha venduto un milione di copie!!!!
Scritto male, con la pretesa di essere creduto autobiografico, è la storia di una ragazzina siciliana, che omette anche il cognome, e che racconta le sue esperienze sessuali.
Fin qui nulla di strano, la storia si sviluppa come una frenetica ricerca di amore, nelle forme più morbose eperverse, pur di concretizzarsi in un sentimento vero.
In realtà è solo una carrellata di "sporcaccionate", che ormai non scandalizzano più nessuno, ma sottolineano la frivolezza e la banalità della narrazione, oltre a mettere in dubbio la veridicità degli episodi e soprattutto il fatto che sia veramente stato scritto da una ragazzina di sedici anni.
E’ scontato, prevedibile, banale, anche se in certi momenti sembra essere avvincente: in realtà si tratta solo di curiosità di fronte a tanta banalità. In una parola potrei definirlo "pessimo". Pertanto sconsiglio il supplizio a tutti, a meno che non ci si voglia punire con qualcosa di infinitamente deludente.
Considerato che non riesco proprio a classificarlo come un’opera d’arte, ma solo come una manovra di marketing, mi riesce difficile paragonarlo ad una canzone: se proprio devo trovare un paragone … facciamo la stupenda “Do U Still” dei favolosi East 17.

giovedì 11 novembre 2010

Nessuno lo saprà. Viaggio a piedi dall'Argentario al Conero – Enrico Brizzi

Ecco un altro titolo sul bellissimo universo dei viaggi. Non una guida turistica, e nemmeno una cronaca di viaggio… forse solo un percorso dove il cammino fisico si confonde con quello emotivo del protagonista.
Il romanzo è di natura autobiografica e racconta un viaggio a piedi fatto dall’autore, in compagnia di due amici, dall’Argentario (Toscana) fino al promontorio del Conero (Marche). Le motivazioni di questo cammino trovano radici nel bisogno di un’impresa in grado si sancire un passaggio generazionale dall’età giovanile e spensierata a quella più matura: Brizzi lascia a casa la moglie e il figlioletto piccolissimo, per un’impresa dove la fatica del cammino si unisce alla responsabilità di accettare la propria maturità.
La narrazione è davvero divertente e molto dettagliata dal punto di vista dei particolari geografici e conduce il lettore alla scoperta di un mondo davvero a portata di mano, ma ignorato da tutti forse proprio per questo motivo: una dimensione tranquilla e rilassata che offre al lettore un punto di vista diverso dal quale guardare luoghi e paesaggi che si riterrebbero scontati durante un viaggio tradizionale. Bellissima la definizione dei dettagli della vita del pellegrino: pericoli, limiti, paure, ma anche vittorie, soddisfazioni e soprattutto vedere quanto un’esperienza del genere possa essere in grado di cementare un’amicizia. E su questo argomento è da ricordare lo stupendo ritratto che Brizzi offre del “Vietnamita”, suo compagno di viaggio nonché bizzarro e travolgente amico.
Un frase, in particolare, mi ha colpito molto, e a mio avviso riprende in pieno il significato di questo romanzo:
”In ogni caso andare è meglio di restare fermi a prepararsi per un futuro che non verrà, la vita di puro entusiasmo come la sognavate da ragazzi.”
Se fosse una canzone, “Storie di tutti i giorni  di Riccardo Fogli

mercoledì 10 novembre 2010

Strade blu – William Least Heat-Moon

L’autore dopo essersi separato dalla moglie cambia nome, assumendo quello tramandato dalle sue origini pellerossa, e parte per un viaggio di oltre ventimila chilometri attraverso gli Stati Uniti, senza una meta apparente, alla guida del suo vecchio furgone. Questo è il romanzo che celebra quest’esperienza, offrendo ai lettori suggestioni uniche che vanno oltre il comune racconto di un viaggio dando spunti per riflessioni esistenziali.
Il viaggio ha un ritmo lento, scandito dalla voglia di scoprire un contatto con il lato più nascosto del paese, fatto di persone comuni in località anonime e sperdute, come se l’autore stesse operando una ricerca minuziosa di qualcosa andato smarrito, cominciando dai posti più nascosti, quelli dove non sono ancora arrivati i centri commerciali, dove le persone non sono ancora asserragliate dietro paure e indifferenza, dove paesi e villaggi sono solo nomi sconosciuti su strade secondarie che le carte stradali rimarcano appena… le strade blu appunto. Il significato che sono riuscito a cogliere è proprio questo: ritrovare quanto nella monotonia di tutti i giorni si è progressivamente perduto.
A rendere la lettura più entusiasmante è il tono ironico, che trasmette confidenza con il lettore, offrendo la sensazione di trovarsi realmente in viaggio con l’autore attraverso luoghi e suggestioni irripetibili, provando un senso di malinconia quando si giunge al termine della lettura: lo stesso amaro stato d’animo che pervade ognuno quando, terminata una vacanza meravigliosa, si torna alla vita di tutti i giorni.
Il romanzo mi è piaciuto moltissimo e nonostante non si possa definire originale per i contenuti trattati, è sicuramente una lettura piacevole che difficilmente si può dimenticare. Lo consiglio a tutti e in particole agli amanti del genere (che lo troveranno un vero best-seller), con l’avvertimento che si tratta di una lettura molto “pericolosa”, in quanto si è continuamente pungolati dalla voglia di riempire una borsa con l'indispensabile e partire!!!
Se fosse una canzone “Here’s to you” cantata da Joan Baez.

martedì 9 novembre 2010

The Wild One – (Il selvaggio) - Laslo Benedek

USA1953, regia di Laslo Benedek, con Marlon Brando e Lee Marvin.
Un film davvero epico. Uno schiaffo in pieno volto all’America bigotta e benpensante dell’immediato secondo dopoguerra. Questo film, alla sua uscita, è stato vietato ai minori di anni 21 e in alcuni stati, addirittura ritirato dalle sale per la drammaticità dei contenuti. Paragonato alla realtà odierna è più o meno come un cartone animato, e questa, forse, è la riflessione più acuta per comprendere la realtà storico-sociale americana di quegli anni.
La storia, è la trasposizione cinematografica ovviamente (e inutilmente… Purtroppo!!!) romanzata, dei fatti verificatisi il 4 luglio 1947 nella cittadina californiana di Hollister (nel film diventata la cittadina di fantasia di Wrightsville), dove in occasione di un motoraduno clandestino, il Gipsy Tour, si verificarono problemi di ordine pubblico.
Hollister 1947
In particolare, secondo le cronache, decine e decine di ragazzi, molti individualmente e alcuni organizzati in club (Motorcycles Club… gli MC appunto) quali Pissed Off Bastards of Bloomington MC, 13 Rebels MC, Boozefighters MC, Top Hatters MC per ricordare i più famosi, si ritrovano in questa anonima cittadina di provincia per divertirsi e fare baldoria: persone qualunque, tra cui molti reduci di guerra, a bordo delle loro motociclette, comprate per pochi dollari dall’Esercito degli Stati Uniti tra i mezzi bellici ormai dismessi, ed elaborate a proprio gusto. Purtroppo la goliardia, la spensieratezza (finalmente la guerra era finita), le spericolatezze in moto e qualche bicchierino di troppo sono sufficienti a scandalizzare e terrorizzare la popolazione locale, estremamente bigotta e bacchettona.

Marlon Brando

Nel film si racconta la storia di Johnny (Marlon Brando) che approda nella cittadina di Wrighsville con il suo gruppo di amici, e dove non manca occasione di far emergere la rivalità con il gruppo guidato da Chino (Lee Marvin), il tutto condito dalla presenza di una ragazza facile vittima del fascino del "motociclista maledetto”. Il film è questo, e si ferma ad un flirt tra Johnny, e la ragazza locale. Il nome del Club del protagonista è di fantasia, anche se negli anni successivi nascerà un Black Rebel MC, ma senza alcun collegamento con il film o i fatti successi ad Hollister. Da notare il ruolo di Lee Marvin che interpreta senza troppa finzione “Wino” Willie Forkner, membro fondatore dei Boozefighters MC, ed ispiratore del personaggio.
Nella realtà, la storia è proseguita con una dichiarazione del Presidente dell’AMA (American Motorcyclist Association), che per prendere le distanze dall’episodio esclama che i protagonisti di quei fatti “incresciosi” sono soltanto l’1% dei motociclisti americani. La risposta dei vari MC presenti non si è fatta attendere, con la presa di coscienza di se stessi, e l’ostentazione con orgoglio di una toppa (patch) cucita sul giubbotto con  lo stemma 1% in bella vista. Da allora ad oggi è storia… un’altra storia.
Il film è carino. Il classico polpettone holliwoodiano anni 50, ma almeno è considerato una pietra miliare nel cinema on the road, senza contare il suo enorme valore dal punto di vista evocativo. I dialoghi sono quello che sono e la fotografia … anche. Stupenda la scena finale…
Se fosse una canzone, “Highway to hell” degli AC/DC.
13 Rebel MC
Boozefighters MC

Top Hatters MC


La strada per Los Angels – Joe Fante

E’ il primo romanzo che ho letto di Joe Fante e l’ho scelto nonostante sia stato pubblicato cinquant’anni dopo essere stato scritto, ma nonostante cio’ costituisce il primo vero capitolo della saga di Arturo Bandini, anche se la critica ha eletto come opera migliore “Chiedilo alla polvere”.
Mi ha davvero colpito: cattivo, politicamente scorretto, razzista, megalomane, e soprattutto il primo romanzo che abbia mai letto nel quale si legge una bestemmia.
E’ la storia di Arturo Bandini, un adolescente, figlio di emigranti italiani nell’America delle grande Depressione, che suo malgrado si trova costretto a dover mantenere la mamma e la sorella dopo la morte del babbo. Proprio con la mamma e la sorella, devota religiosa praticante, accentuerà le cause dei suoi conflitti interiori che lo propongono alla società in modo spesso ridicolo. E così in un insieme di aggressività, violenza, intolleranza, provocazione, megalomania, razzismo puro e sadismo, Bandini combatte la sua guerra contro il mondo, incitandosi continuamente con letture di filosofia di Nietzsche  e di altri grandi filosofi (di cui ammette egli stesso di capire pochissimo, ma di accontentarsi dello spessore culturale di tali letture).
Stordito dal mito del super uomo, nonché dalla totale incomprensione che il mondo ha nei suoi confronti, Bandini viene offerto al lettore come un indimenticabile personaggio, … che se fosse davvero esistito basterebbe da solo a spiegare la tanta diffidenza degli americani nei confronti degli emigranti italiani.
Bello, veloce, ma assolutamente non convenzionale, risulta in certi passaggi addirittura fastidioso per la delirante follia del protagonista… forse proprio perché trattasi di una narrazione molto coinvolgente. Fantastico il rapporto di amore/odio con le “sue donne”. Lo consiglio a tutti.
Se fosse una canzone, “Paranoid” dei Black Sabbath

lunedì 8 novembre 2010

Pian della Tortilla – John Steinbeck

Questo è il romanzo (strabiliante) che ha consacrato Steinbeck alla notorietà e da qui si posso percepire temi e ambientazioni che resteranno tra quelli prediletti dell’autore anche in altre opere future.
Pian della Tortilla è una zona vicino Monterey, in California, dove si svolge la storia di un gruppo di amici che pur vivendo alla giornata fa dell'amicizia che li lega una ragione di vita: unendo le soddisfazioni ma anche le sconfitte della vita e superando sempre tutto stando uniti.
L'intreccio della vicenda parte da una casa ricevuta in eredità, dal protagonista, nella quale progressivamente si aggiungono amici con il loro carico di problemi, ma anche di entusiasmo e soprattutto di vita, e dove le giornate trascorrono con lo stesso spirito di quando gli occupanti erano semplici vagabondi le cui uniche preoccupazioni erano bevute con gli amici e sbornie da smaltire.
L'autore offre una narrazione estremamente positiva, con un ritmo veloce, che ruota attorno a personaggi descritti in maniera magistrale. Gli attori di questa storia sono i soliti di Steinbeck, che vivono una esistenza picaresca, ai margini della società, ma profondamente coscienti della loro condizione, della quale l’autore esalta anche l’entusiasmo di non appartenere a schemi imposti dalla società, e dove anche una casa con le comodità che offre può essere fonte di preoccupazioni.
Lo spirito è certamente positivo, ma un velo di amarezza pervade il lettore soprattutto alla fine, quando si svelano le tematiche che hanno animato l’autore per la composizione di questo romanzo. Ritengo che non sia un difetto, ma una caratteristica di Steinbeck...
Se fosse una canzone, per lo spirito allegro ed entusiasta “Thank you God, I’m a country boy” di John Denver.

venerdì 5 novembre 2010

Vernon God Little - DBC Pierre

Un romanzo davvero cattivo. Un freddo ritratto della moderna America di provincia, dove il "Sogno Americano", non è mai arrivato, e i protagonisti sono sempre e comunque degli sconfitti.
E ‘ la storia di un ragazzino che si trova coinvolto in un fatto di cronaca più grande di lui: nella sua cittadina (Martirio... e già il nome è tutto un programma!!) sperduta nella provincia da qualche parte nel Texas, avviene il massacro di alcuni compagni di scuola ad opera del suo migliore (nonchè unico) amico.
E il protagonista, ribelle, sfrontato, aggressivo, misantropo, è una fin troppo facile preda dei cacciatori di colpevoli. In una realtà dove la felicità è costituita dal possedere oggetti e dal comparire in televisione, una condizione finta e surreale dove egli, da sempre condizionato, comincia a riscoprire il senso della vita proprio dalla sua fuga: proprio compiendo quelle scelte e quei gesti che nessuno di noi compierebbe mai, sottolineando la sua enorme inettitudine alla vita. In questo modo tutta la storia diventa una scena surreale dove tutti gli altri attori sono nemici e anche quelli che egli ritiene essere dalla propria parte si rivelano schiavi di un sistema che ormai ha fagocitato tutto e tutti, lasciando come ultima e unica possibilità la fuga.
Molto bello, mantiene sempre un ritmo vivace e veloce, con dialoghi spesso volgari e violenti, ma sicuramente consoni alla realtà della narrazione. Graffiante la morbosa e perversa attrazione che il protagonista nutre nei confronti della biancheria intima femminile. Bellissime le descrizioni dei personaggi... in particolare le amiche della mamma del protagonista.
Se fosse una canzone "American idiot" dei Green Day.

giovedì 4 novembre 2010

In un paese bruciato dal sole – L’Australia – Bill Bryson

Uno dei più bei romanzi di viaggio che abbia letto. E se avete in mente una dimensione psichedelica e filosofica come quella proposta da Kerouac in "On the road"... bhè, dimenticatela!!! Non a caso l'autore viene considerato da molti critici uno dei principali "travellers writers"
Bryson, compie questo viaggio attraverso l'Australia, percorrendo strade famose, ma anche viaggiando su piste e sentieri, incontrando persone bizzarre, soffermandosi su dettagli e piccole cose che rendono davvero grande questo paese. Molto più di una guida turistica, e soprattutto una di cronaca di viaggio e a metà tra il diario e il saggio.
Sono presenti un sacco di nomi di località, con racconti a volte anche terribili di episodi che ne hanno segnato e contraddistinto il passato, ma che nessuno leggerà mai su un libro di storia. Bellissima l'importanza che l'autore dona alla natura, l'incontrastato protagonista di tutta l'opera, che con una narrazione ironica, divertente, ma anche attenta e pignola, riesce ad incantare il lettore.
Attenzione... dopo averlo letto, la voglia di partire per l'Australia diventa davvero tanta!!! E se prima era solo una curiosità, gli spunti di suggestioni regalati da questa lettura saranno una valida motivazione per scegliere questo paese come meta del prossimo viaggio. Per questo motivo, lo consiglio a tutti... a chi ama l'Australia, perché  scoprirà un sacco di dettagli e curiosità nuove, e anche a chi non l'ha mai considerata come qualcosa di speciale... e alla fine ne resterà innamorato!!
Se fosse una canzone, "Turn turn turn" dei The Birds.

mercoledì 3 novembre 2010

Terra di nessuno - Eraldo Baldini

Questo è il primo romanzo che ho letto di Baldini, e mi è rimasto particolarmente impresso per lo stato d'animo che riesce ad infondere nel lettore. Una lettura breve ma talmente coinvolgente da fare davvero paura. Tanto!
La storia di quattro ragazzi reduci dalla Prima Guerra Mondiale, che per riuscire a ritrovare una dimensione sociale, riformano il loro "gruppo" lo stesso che al fronte li ha resi testimoni degli orrori della guerra, decidendo di fare i carbonai trasferendosi in un bosco. Luogo, nel quale troveranno ben altro rispetto alla placida normalità fatta di lavoro che si aspettavano...
Un intreccio che ha il solo obiettivo di mettere in luce la fragilità umana di fronte all'incubo onirico della morte. La paura sconvolgente che incolla il lettore alle pagine parte proprio da qui... dal terrore che è tornato dal fronte con i protagonisti. Non ci sono vampiri, zombie, o altre figure immaginarie che hanno da sempre personificato il terrore. Qui i "cattivi" sono il freddo, il buio, l'odore di corpi decomposti, il vento gelido, i rumori della notte... e poi lui... il lupo. Quello che da piccoli era il principale protagonista negativo delle fiabe ritorna proponendo una figura talmente terribile da superare la superficiale impressione di una banalità.
Tutta la narrazione si svolge all'interno di un bosco, che assume sempre più i connotati di una prigione, dall'aspetto sempre più claustrofobico e terribile.
Con lo scorrere della narrazione il ritmo diventa sempre più acceso, accrescendo nel lettore un senso di angoscia e di impotenza di fronte all'orrore sconosciuto, ma percepito soltanto per indizi... come un fantasma che si aggira in un vecchio castello.
Spettacolare e al tempo stesso terrificante la conclusione, dove il vero protagonista della narrazione getta la maschera scoprendo tutta la sua orribile natura: la guerra non lascia mai dei vincitori, ma solo dei reduci.
Se fosse una canzone la gelida e inquietante "Korn" dei Forseti.

L'anello forte - Nuto Revelli

Un opera davvero eccezionale. Una raccolta di interviste, operate personalmente dall’autore negli anni 70/80, a donne che con il loro impegno, abnegazione,sacrificio e determinazione, hanno sostenuto la figura della famiglia come perno principale della società contadina piemontese.
Una serie di racconti individuali, dove singolarmente ogni donna racconta all’autore le proprie esperienze di vita: dal matrimonio, ai figli, alle malattie, al lavoro, alla guerra, ma anche al sesso e ai brevi momenti di svago.
Un ritratto meraviglioso di una figura (la donna appunto) spesso lasciata in secondo piano, sempre dietro a ruoli più importante ed eroici. In quest’opera invece l’autore riesce a mettere in risalto l’estrema importanza di queste persone, che con i loro sacrifici hanno contribuito a far rialzare l’Italia dal disastro bellico.
E’ una lettura particolare, non ci sono eroi o vincitori, e i protagonisti sono persone qualunque, nelle quali chiunque di noi è in grado di riconoscere almeno una nonna o una zia…
Trattandosi di una narrazione a metà tra il saggio e il racconto biografico, può apparire noiosa, e le motivazioni per una lettura di questo tipo devo essere ovviamente animate da un sentimento di interesse verso l’argomento.
A me è piaciuto tantissimo, soprattutto perché vengono riportate citazioni esplicite di luoghi, episodi e date, che danno all’opera un ulteriore valore di riscontro reale.
Estremamente toccante il racconto della ragazza che lascia la Calabria per trasferirsi nel Roero (provincia di Cuneo) per sposarsi con un ragazzo praticamente sconosciuto… con il quale dividerà la propria vita, con sacrificio, abnegazione, ma anche amore e rispetto reciproco. Una meravigliosa lezione di vita a tanti giovani di adesso, troppo abituati a pretendere, e poco propensi al sacrificio.
Se fosse una canzone, “Le mamme” di Toto Cotugno.

martedì 2 novembre 2010

Badlands - Terrence Malick

USA 1959 - Di Terrence Malick, con Martin Sheen e Sissy Spacek
Un film poco conosciuto dalla generazione attuale, ma davvero sconvolgente e terribile per la società americana degli anni 50. Politicamente scorretto, uno schiaffo ai bigotti benpensanti. Malick colpisce nel segno con un film incisivo e tagliente, sicuramente indimenticabile, che anche senza scene di sangue esplicite, riesce a trasmettere lo sgomento della vita normale di fronte alla violenza, accentuandone il paragone con il confronto tra i protagonisti Martin Sheen e Sissy Spacek.

Martin Sheen

E’ la storia di un ribelle, dell’anonima e operosa provincia americana, che sedotta una ragazzina umile e sprovveduta, parte per una folle corsa verso il nulla, lasciando dietro di se una scia di sangue e violenza. Una fuga soprattutto da se stesso, dove i cattivi sono coloro che rappresentano le regole, che fanno rispettare la legge e tutte le persone che appartengono alla società "normale", dalla quale egli si sente rifiutato. Il destino del protagonista pare delinearsi con l’evoluzione della storia, in un crescendo di ritmo che non lascia mai nulla per scontato.
Negli anni 90 è stato fatto anche un remake con Woody Harrelson e Juliette Lewis "Natural Born Killer": più violento, più crudo, e sicuramente meno coinvolgente dell'originale.... come per tutti i remake ovviamente.
Bellissima la fotografia, per non parlare della colonna sonora, creata appositamente dal grande maestro Carl Orff.
Se fosse musica, penso che non ci potrebbe essere un brano migliore della sua stessa colonna sonora: "Musica Poetica" di Carl Orff.

Tishomingo Blues - Elmore Leonard

Una bel romanzo, magari molto vicino ai classici noir-polizieschi, ma a mio avviso davvero unico per il tono sprezzante e aggressivo di una narrazione incalzante e dinamica… forse proprio come un bel brano di blues.
E’ la storia di un tuffatore che per vivere, lasciate le competizioni sportive, si esibisce in attrazioni da baraccone in un lussuoso albergo del Mississippi e il destino vuole proprio nei giorni in cui tutti sono in fermento per la rievocazione storica di una epica battaglia della Guerra di Indipendenza americana. Un intreccio di misteri e di violenza attorno all’uccisione di un suo assistente, che pur involontariamente lo trascina in un’escalation di guai, dai quali l’uscita sembra sempre più improbabile. E la finzione della battaglia interpretata da decine di comparse, e la vicenda dai risvolti sempre più drammatici, si incrociano, si accavallano, fino a diventare una cosa sola.
Bello. Soprattutto la scenografia, per non parlare dei personaggi, in particolare i cattivi, che godono di una ricchezza di descrizioni davvero fantastica, regalando al lettore l’impressione di aver davvero a che fare con questi brutti ceffi. Una nota di merito per i dialoghi: veramente notevoli!!!
Se fosse un canzone potrebbe tranquillamente trattarsi di un pezzo di blues di John Lee Hooker, ma a me piace associarlo piuttosto alla graffiante “The needle and the spoon” dei Lynyrd Skynyrd, il gruppo che può essere considerato il manifesto assoluto del più ben più aggressivo Southern Rock anni ’70: la voce ribelle e nostalgica degli stati USA del sud, dove ancora oggi sventola la leggendaria bandiera confederata!