mercoledì 26 gennaio 2011

Frida 1947 – La rotta dei vichinghi – Stefano Beltrando e Miriam Cerutti

Ecco qui un altro viaggio, un’altra storia fatta di tutte quelle emozioni che solo l’avventura che precede una metà può regalare. Anche questa volta con una barca come protagonista.
Il romanzo è la storia di un “incontro” casuale tra una giovane coppia di sposi in luna di miele, che per caso si trova a passare per il porto di Parvoo in Finlandia, e una vecchia barca a vela del 1947: Frida appunto.
Comincia tutto così, quasi per caso, o per destino, i due ragazzi decidono di interessarsi a questa strana imbarcazione con le caratteristiche costruttive di una nave vichinga, apparentemente abbandonata in un porto di provincia. Tornano in Italia, ma i pensieri rimangono su Frida, fin quando decidono di tornare a comprarla! Il libro è la storia di quel viaggio, da Parvoo fino in Italia, attraversando le pericolose acque del Mare del Nord e poi navigando attraverso numerosi canali in Danimarca, e Germania. La storia di una vita quotidiana fatta di incontri con individui bizzarri e divertenti, semplici successi e tormentate sconfitte… come quando il motore decide di abbandonare per sempre il suo dovere!
La narrazione è divertentissima e non ci si annoia mai: il tutto, condito da splendide foto che ritraggono i protagonisti durante diverse fasi della loro impresa.
Lo consiglio a tutti, ma se amate come me i libri sui viaggi, non potete assolutamente perderlo!!!
Se fosse una canzone “Cecilia” di Simon & Garfunkel.

giovedì 20 gennaio 2011

L’ultima partita a carte – Mario Rigoni Stern

E’ il secondo romanzo che ho letto di Mario Rigoni Stern, e anche questa volta sono rimasto colpito da un’opera autobiografica a mio giudizio imperdibile e indimenticabile. Se “Il sergente nella neve” era il racconto della disfatta militare nella campagna di Russia, e il doloroso ripiego dall’accerchiamento sul Don, in questo romanzo l’autore propone la propria giovinezza, unendo ai ricordi del suo avvicinamento alle armi, quelli più personali, offrendo anche un suggestivo ritratto di quegli anni.
La narrazione copre il periodo 1938-1943, dalla volontà espressa di arruolarsi in marina, goffa decisione freddamente respinta, all’arruolamento negli alpini, con formazione, sogni e aspettative che possono essere considerate proprie per tutta quella generazione che visse sulla propria pelle l’assurdità della guerra. Vengono offerti anche momenti particolarmente commoventi come il rapporto con i propri affetti; molto incisivo e toccante il discorso fatto con lo zio a Torino, durante appunto quella che fu “l’ultima partita a carte”:
Zio,-gli dissi,- vedrai che finirà presto. Quando noi arriveremo in Russia sarà già tutto finito. Mi guardò in silenzio. Sussurrò: - ragazzo, tu parti perché sei un soldato. Ti auguro solo di tornare. Queste ultime parole scesero pesanti e riprendemmo la partita. Loro , quelli cui andavo a combattere, avevano il settebello, gli ori, gli assi, noi le scartine. Le nostre figure erano già giocate
I ricordi ripercorrono anche gli stessi episodi raccontati ne “Il sergente nella neve”, aggiungendo dettagli e ancora più profondità ad una lettura che non può essere dimenticata.
Mi è piaciuto moltissimo e ritengo sia un’opera indispensabile nel bagaglio culturale di ogni italiano. E’ un romanzo brevissimo, che si divora in un pomeriggio, ma ne consiglio la lettura soltanto dopo aver letto “Il sergente nella neve”.
Se fosse una canzone “Sul cappello che noi portiamo”, tradizionale canto degli alpini

lunedì 17 gennaio 2011

Questa storia – Alessandro Baricco

Il primo romanzo di Baricco che ho letto, e devo ammettere si tratti di un’opera davvero notevole, sia per impatto emotivo, sia per lo stile di narrazione, nella quale l’autore propone diversi punti di vista intorno allo stesso tema.
Il romanzo è la storia di un uomo qualunque, che nato in una anonima fattoria, scopre grazie al padre l’amore per i motori e la velocità, metafora del progresso, con tutti i sui pregi e le sue contraddizioni. Particolare che accompagnerà il protagonista per tutta la vita anche attraverso situazioni drammatiche come la sconfitta di Caporetto. Il romanzo è questo: il racconto di un sogno attraverso tutta la vita di un uomo: dalla sua nascita fino alla morte, quasi nascosta e incomprensibile, forse per dare più risalto a ciò che il protagonista ha inseguito tutta la vita.
Presenza costante nel romanzo è la velocità, che viene proposta con uno stampo futurista (molti sono i riferimenti a Marinetti) assumendo diverse forme, forse per confermarne la natura. Le auto da corsa, e i circuiti sono metafore della vita che corre fugace, e le curve ne sono la vera essenza, confondendosi spesso tra realtà e sogno.
Particolarmente profondi alcuni passi, che sottolineano queste caratteristiche:
“Se ami qualcuno che ti ama, non smascherare mai i suoi sogni. Il più grande e illogico sei tu.”
“Minuscola nel niente della sera, sfilava, la motocicletta, piccolo battito di cuore nell’immensità della campagna. Al suo passaggio sollevava una fragile cresta di polvere e si lasciava dietro un profumo, acido, di bruciato. Poi il profumo svaniva e si dissolveva nella luce. Così si chiudeva il cerchio dell’accadere, nella quiete apparentemente immutata delle cose.”
“… la gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo in una piccola parte di quegli anni che vive davvero, e cioè negli anni in cui riesce a fare ciò per cui è nata. Allora, lì, e felice. Il resto del tempo è tempo che passa ad aspettare o a ricordare. … Non è triste la gente che aspetta, e nemmeno quella che ricorda. Semplicemente è lontana.”
Bellissima la “dedica” che Baricco fa nella pagina dei ringraziamenti a Valenti Rossi… monumento vivente alla velocità e al coraggio di continuare ad inseguire un sogno. Lo consiglio a tutti, in quanto ritengo possa essere considerato un'opera d'arte di letteratura contemporanea.
Se fosse una canzone, “Running free” degli Iron Maiden.

giovedì 13 gennaio 2011

Vento di prua - Sorrentino Amedeo

Io adoro i romanzi di viaggio… e con questa recensione penso di darne una ulteriore conferma.
Questa volta si tratta di un viaggio un po’ particolare, raccontato in un romanzo che è anche un po’ l’autobiografia di un uomo, che ha trascorso la propria vita intorno a imprese fantasiose riuscendo spesso a godere di trionfi, ma anche di qualche sconfitta.
Il romanzo è la storia della Global Challenge vista dagli occhi di Amedeo Sorrentino, che come skipper di Vaio (barca a vela da regata lunga 23 metri), ha guidato il proprio equipaggio in quella che potrebbe essere considerata la regata più impegnativa del mondo: la circumnavigazione del globo da est verso ovest, in senso opposto alle principali correnti marine e soprattutto ai venti. Un’esperienza unica, eroica, che trasforma una barca a vela in un micromondo, riuscendo sottolineare quanto sia piccolo l’uomo di fronte alla forza e alla maestosità della natura.
La narrazione sottolinea difficoltà tecniche, atmosferiche e soprattutto il rapporto spesso difficile tra i componenti di un equipaggio che deve condividere spazi ristretti per molto tempo. Il tutto raccontato da un uomo che nella propria vita è stato un manager di artisti musicali, direttore di importanti kermesse artistiche, ma soprattutto un profondo amante del mare: amore per il quale rinuncia a tutto, anche la nascita del primo figlio, per lanciarsi in questa impresa.
In particolare mi ha colpito molto una riflessione fatta dall’autore sulla capacità e sulla propensione a staccarsi dalla vita monotona di tutti i giorni:
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Parlando con il mio equipaggio, capisco e confermo la mia teoria secondo la quale  le persone si dividono in due specie distinte: i nomadi e gli stanziali.
I primi si sentono a loro agio solo quando si mettono in moto verso una destinazione diversa, una situazione nuova, diventano attivi, propositivi, allegri, parlano con gli altri trasformandosi in creature socievoli e gioviali.
Gli stanziali, invece, danno il proprio meglio nello stesso luogo, geografico e mentale, la loro sicurezza aumenta di pari passo con le routine giornaliere e sono capaci di ravvivare la più ordinaria delle condizioni con mille colori, infinite sfumature che i nomadi non colgono.

Il romanzo è scritto molto bene, veloce, avvincente, in grado di tenere incollato alle proprie pagine anche chi non può definirsi un profondo amante delle regate. L’unica nota negativa potrebbe essere l’abbondante presenza di terminologia specifica della navigazione a vela, senza purtroppo le indispensabili note: una difficoltà che può tranquillamente essere superata con un buon dizionario a portata di mano. Lo consiglio davvero a tutti!!
Se fosse una canzone “The wake of Magellan” dei Savatage.

martedì 11 gennaio 2011

Bastogne - Enrico Brizzi

Questo è il secondo romanzo di Brizzi che ho letto, e devo ammettere si sia trattato di una grande delusione. Mi aspettavo l’entusiasmo e la vitalità di “Nessuno lo saprà”, invece mi sono scontrato con questo delirante tentativo di ritratto sociale.
Il romanzo infatti, raccontando la storia di tre adolescenti francesi nella Nizza degli anni ’80, che vivono/sopravvivono in una dimensione quasi animalesca, fatta solo di istinti e di violenza, traccia i connotati di una generazione senza valori, una specie di regressione animale dell'uomo, senza offrire alcuno spunto di riflessione se non l’amara di tristezza della constatazione dei fatti.
La proposta non è altro che una carrellata di episodi dove prevalgono il non-sense, la volgarità e… protagonista assoluta la violenza. Il tutto condito da quello che può essere considerato a tutti gli effetti uno dei protagonisti della storia: la droga.
Penso si tratti semplicemente di una trasposizione letteraria del celebre film Trainspotting, ma esattamente come il film assolutamente inutile. Un esercizio di stile (??) che Brizzi avrebbe tranquillamente potuto evitare.
Terribile e disgustosa la scena dello stupro ai danni di una coetanea dei protagonisti.
Per quanto mi riguarda non esistono buoni motivi per leggerlo: la narrazione è estremamente ripetitiva, e nonostante gli argomenti, risulta dopo poche pagine di lettura, noiosa e priva di continuità logica.
Se fosse una canzone, “Applausi per fibra”, anche se in realtà non c’è proprio nulla da applaudire!!!

lunedì 10 gennaio 2011

Un dollaro mille chilometri – Dominique Lapierre

Quest’opera è ciò che ritengo una lettura fondamentale. Dominique Lapierre propone un romanzo di autobiografico, a metà tra il diario di viaggio e il romanzo di formazione, ostentando tutto l’entusiasmo e l’umiltà dei sui diciassette anni.
Il romanzo racconta dell’occasione sfruttata di una borsa di studio per un viaggio, da realizzare in un contesto (1949, immediato dopoguerra) complesso, dove l’imprevisto sarebbe stato l’unica certezza. Con entusiasmo, caparbietà, spirito di adattamento, ma soprattutto umiltà, l’autore parte per quest’avventura attraverso il mondo, che lo porterà in Messico, Stati Uniti, Canada, e i mille chilometri del titolo resteranno solo un modo di dire, di fronte a tutta la strada percorsa.
Il viaggio sarà soprattutto un confronto con il mondo, e una crescita con se stesso, osservando i suoi valori farsi largo tra viaggi in nave, in autostop, in autobus, e sostenendosi con i mestieri più disparati, e per ognuna di queste occasioni offrendo alla vita entusiasmo e ottimismo. La metà del viaggio sarà sempre e comunque la stessa: la sua maturità, conquistata con umiltà e orgoglio.
Mi è piaciuto tantissimo, e mi piace ricordarlo tra le letture più importanti che abbia mai fatto: è semplice, scorrevole e velocissimo, e tutte le emozioni proposte dall’autore colpiscono nel segno. Purtroppo ci sono pochi dialoghi, e l’impressione è più quella di un diario che di un romanzo di viaggio, ma l’opera nel suo complesso è comunque troppo bella per considerare questo un difetto.
E’ una lettura positiva, felice e ottimista, che consiglio a tutti, soprattutto ai più giovani perché ognuno possa ricordare che il fondamento migliore sul quale costruire la propria maturità rimane sempre l’umiltà, unita anche ad un po’ di orgoglio, per continuare a credere anche durante le difficoltà. C’è solo una controindicazione… finito di leggere, si è travolti da una irresistibile voglia di mettere l’indispensabile in uno zaino e partire con destinazione il mondo!!!
Se fosse una canzone “Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno.

venerdì 7 gennaio 2011

Gli Schwartz – Matthew Sharpe

Questo romanzo è la storia di una famiglia, gli Schwartz appunto, calata in un’esistenza normale e a tratti monotona segnata dall’allontanamento della mamma, e dalle folli bizzarrie del papà. Ognuno dei protagonisti, inoltre, è protagonista di un ruolo forse troppo grottesco e bizzarro per evidenziarne le caratteristiche. Il romanzo assume un aspetto decisamente più riflessivo quando il papà viene colto da un ictus, e la famiglia gli si stringe intorno per accudirlo… con tutti i limiti, le contraddizioni e le presunzioni di persone incatenate ad una esistenza già scritta, dove i vincitori sono sempre gli altri, ma i protagonisti rimangono capaci di grandi prove di umanità.
E’ una lettura divertente con grandi spunti di riflessione, per chi non ha voglia di cimentarsi in un’opera “impegnata”, ma al tempo stesso fuggire la frivolezza commerciale di troppi libri in circolazione.
La lettura è davvero scorrevole e molto piacevole, condita spesso da situazioni bizzarre e divertentissime, ma anche da momenti estremamente toccanti e drammatici… forse un ritratto fin troppo vero di una qualunque famiglia anonima.
Se fosse una canzone “Sing” dei Travis.

lunedì 3 gennaio 2011

Il grande Lebowski – Joel Cohen

USA 1998, Regia di Joel Cohen con Jeff Bridges, John Goodman, Steve Bushemi, Julien Moore, John Turturro
Un film meraviglioso nella sua semplicità! Sarà che adoro i fratelli Cohen, ma questo giudizio mi sembra la cosa più ovvia e naturale del mondo!!!
La storia di un uomo che tutti chiamano Drugo (pur non essendo il suo nome), che vive in una dimensione esistenziale tutta sua: lontanissimo dalle mode e dai costumi della società moderna, la sua vita rimane chiusa nel triangolo amici-bowling-casa. Un moderno hippie che gira tranquillamente in ciabatte e accappatoio anche al supermercato, pagando una spesa di pochi dollari con un assegno!!!
Drugo si trova invischiato nella scomparsa della moglie di un miliardario che ha il suo stesso nome, trovandosi a gestire con una semplicità disarmante e quasi infantile, una situazione che pare ingarbugliarsi di scena in scena, e tutto mantenendo sempre una straordinaria calma… anche nei momenti più drammatici.
La storia parte da un equivoco, e costringe il protagonista in un intreccio di imbrogli, imprevisti e fregature, dove la regia del film garantisce il meglio di sé, con una serie di personaggi da museo del cinema.
Bellissimo il personaggio interpretato da John Goodman, un reduce dal Vietnam, che riconduce tutte le discussioni di tutti gli argomenti più disparati, ai commilitoni che ha perduto vicino Saigon, con un atteggiamento sprezzante, aggressivo, prepotente e presuntuoso: forse la caricatura di un atteggiamento troppo diffuso tra molti americani.
Straordinario, il personaggio interpretato da John Turturro, un giocatore di bowling vestito in modo eccentrico, che si fa chiamare Jesus, e lecca la boccia prima di lanciarla.
Se fosse una canzone “Lookin’ out my back door” dei The Credence Clearwater, che tra l’altro viene anche proposta nel film come colonna sonora.