Questo romanzo è una delle opere minori di Steinbeck, ma è certamente un altro ritratto che ci viene offerto di quel mondo di non eroi ampiamente trattato dall’autore in altre sue opere. L’impressione infatti, è che si tratti di una naturale continuazione di Pian della Tortilla. Anche se i personaggi non sono gli stessi, l’ambientazione è la medesima e questo romanzo offre un altro ritratto della Monterey degli anni ’30 che nessuno vedrà mai in foto o documenti storici: anche questa volta la storia si svolge nella parte più povera della città, e il titolo del romanzo è il nome della strada che ospita il centro della narrazione.
Il Vicolo Cannery è una stradina sulla quale si affacciano degrado e povertà, e anche il centro della vita di persone ai margini, le quali con dignità e orgoglio ostentano un’esistenza fatta di sacrifici, contraddizioni, ma anche amore verso la vita.
La narrazione è un ritratto di questa dimensione, e presenta personaggi stupendi raccontati con episodi del loro passato, anche banali, ma indispensabili a conoscere gli attori che animeranno la storia. In questo modo vengono presentati Lee Chong, intrepido commerciante-usaraio, Dora maitresse del locale bordello, i ragazzi del Palace Flophouse (un vecchio magazzino riconvertito in abitazione), i coniugi Malloy che vivono in una vecchia caldaia e in particolare il Dottore, personaggio misterioso e carismatico, che Steinbeck propone su ispirazione del biologo e amico Ed Ricketts, al quale l’autore dedica quest’opera con la dedica “”Per Ed Ricketts che sa o dovrebbe sapere perché”.
La storia si snoda attraverso la ferma volontà e i tentativi maldestri di donare una festa al Dottore, quale segno di gratitudine per tanti gesti di umanità che lo studioso ha offerto un po’ a tutti nel corso degli anni.
La narrazione è suddivisa in capitoli, alternati tra descrizioni e flash back con il proseguimento della storia, che si svolge con ritmo veloce e situazioni spesso molto divertenti. E’ una lettura dove non ci si annoia, e nella quale non mancano spunti per profonde riflessioni.
Ripropongo un passo:
“Le cose che ammiriamo negli uomini, la bontà, la generosità, la franchezza, l’onestà, la saggezza e la sensibilità, sono in noi elementi che portano alla rovina. E le caratteristiche che detestiamo, la furberia, la cupidigia, l’avarizia, la meschinità, l’egoismo, portano al successo. E mentre gli uomini ammirano le prime di queste qualità, amano il risultato delle seconde.”
Questo romanzo mi è piaciuto moltissimo, anche se non nego di essere sfacciatamente di parte, in quanto Steinbeck era, e rimane, il mio scrittore preferito; ne consiglio la lettura a tutti, per la facilità dei contenuti e per le opportunità di riflessione che offre intorno a dimensioni sempre attuali.
Se fosse una canzone “Mr Bojangles” dei Nitty Gritty Dirt Band