Quest’opera è un lavoro che può essere riconosciuto a metà
tra un saggio storico ed una raccolta di racconti. Si tratta infatti di un
ritratto molto approfondito e accurato di una figura della storia americana
che, anche grazie al cinema, ha guadagnato una grande popolarità, riuscendo
progressivamente a guadagnare quel valore quasi leggendario che lo allontana
progressivamente dalla realtà storica collocandolo in una dimensione molto, e
spesso troppo, mitizzata a scopi consumistici.
L’autore propone una spiegazione introduttiva molto accurata
sull’inquadramento storico e geografico, offendo dettagli che soltanto il
cinema degli ultimi anni sta cominciando a riscoprire, chiarendo che la
definizione di “cowboy” non rispecchia quella caricatura con cinturone a due
pistole che centra la moneta lanciata in aria. I cowboy erano ragazzi che
accudivano il bestiame in lunghe traversate da sud a nord, isolati ed esposti
alle intemperie, che soltanto raramente (non più di due o tre volte l’anno)
toccavano qualche città approfittando per fare un po’ di baldoria.
L’autore propone poi una raccolta di racconti, estrapolati
da vecchie pubblicazioni, per offrire al lettore narrazioni dirette prese
proprio dai protagonisti, dando l’opportunità di confrontarsi con voci narranti
differenti che proprio per caratteristiche individuali enfatizzano ed
approfondiscono particolari diversi di quella realtà.
Molto suggestivo un racconto del 1887 tratto da “Two years a
cowboy, 1887”,
nel quale l’autore inglese che si firma soltanto “Bunny” racconta la propria
esperienza fatta nel West, ed in particolare l’episodio della doma di un
cavallo selvatico, che si conclude con i complimenti ricevuti direttamente dai
cowboys veterani ed esperti di questo lavoro.
Molto bello anche “Il torello maculato” tratto da “A
Ranchman’s Recollection, 1921”,
nel quale si narra di un ragazzino di 16 anni adottato da una squadra di
cowboys. Il giovane vivrà esperienze che gli consentiranno di passare dal ruolo
di garzone a quello di vero e proprio cowboy, culminando con il rodeo di Stamford,
evento nel quale il ragazzo si distinguerà montando un torello particolarmente
“vivace”.
Propongo un passo molto suggestivo:
Tornare al campo per
lui è un sollievo, e lì riacquista buon umore e buon carattere. A volte non è
facile la vita all’aperto, perchè il tempo è inclemente, perché le bestie sono
riottose, o i compagni di lavoro seccanti; ma quella vita consente sfrenati
galoppi per valli meravigliose e per montagne, oltre all’inesauribile gioia che
dà la vista di un panorama spazioso.
Alla fine del libro sono poi proposti due brani di musica
popolare di quegli anni, oggi definita musica western, antesignana del country
contemporaneo, con tanto di testo e spartiti.
Non penso ci sia altro da aggiungere per dire che si tratta
di un libro molto bello, che per la sua divisione in racconti, si propone con
una lettura molto veloce ed entusiasmante offrendo al lettore l’opportunità di
scoprire particolari e verità storiche che il cinema ha da sempre sacrificato.
Se fosse una canzone la vivacissima “Thank God I’m a countryboy” dell’indimenticabile John Denver.