mercoledì 31 agosto 2011

Io, prigioniero in Russia – Vincenzo Di Michele

Il titolo di questa biografia non lascia spazio ad interpretazioni, e in poche parole raccoglie tutto lo sgomento e la disperazione della più imponente e sanguinosa disfatta bellica che l’Italia ha subito nella Seconda Guerra Mondiale.
L’autore propone dopo una breve propria presentazione il racconto scritto dal padre Alfonso, di proprio pugno, dell’esperienza vissuta durante il servizio militare, che lo ha costretto per più di tre anni lontano di casa, confinandolo in una dimensione disumana e irreale ai limiti della sopravvivenza.
La storia comincia con piacevoli ricordi di infanzia e adolescenza trascorse nel paese natale, Intermesoli sull’Appennino abruzzese alle pendici del Gransasso. E poi la chiamata alle armi negli alpini alla Brigata Julia e la partecipazione alla terribile campagna i Russia.
Il racconto diventa sconvolgente, nonostante vengano volutamente omessi i dettagli più macabri  assume un’incisività tremenda, riuscendo a trasmettere al lettore un incredibile senso di angoscia e sgomento, forse anche a causa di alcune premesse che sottolineano come la durezza di quei momenti non fosse nulla rispetto a quanto la vita avrebbe riservato al protagonista nei mesi a venire.
La guerra “finisce”, e comincia la deportazione con massacranti marce in mezzo al nulla a -45 gradi sottozero, con i soldati che incalzavano il ritmo per coloro che camminavano, e “lasciavano andare” quelli che non vi riuscivano: tanto in mezzo alla steppa, senza cibo, senza acqua (perché mangiare la neve non serve) a quelle temperature restare indietro voleva dire morire.
E poi l’arrivo al terribile campo di Tambov da dove per puro caso il protagonista riesce ad essere allontanato dopo soli tre mesi ad un pelo dalla fine, quando ormai il corpo e l’animo erano stremati.
Commovente il ritorno a casa, e soprattutto il ricordo di coloro che attendevano i reduci alla stazione con in mano una foto del proprio figli/marito/fidanzato e la speranza che qualcuno di quei sopravvissuti potesse custodirne qualche informazione.
E’ una lettura veramente forte, scritta con parole semplici e dirette, che forse anche per questo colpiscono come un pugno in faccia. Nonostante questo ritengo che sia una lettura assolutamente indispensabile, per riconoscere onore a chi a perduto la vita in quella folle missione, e soprattutto per non dimenticare cosa significa la guerra, anche oggi, quando è una parola che non va più di moda e si preferisce chiamarla “missione di pace”.
E’ un romanzo che segna, esattamente come tante più famose quali “Il sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern, ma che forse proprio perché meno annunciata da recensioni e commenti assume un’incisività davvero unica. La lettura è velocissima, e al suo interno parecchie foto e cartine rendono tutto ancora più reale, sottraendo alla fantasia ogni interpretazione.

Se fosse una canzone “Signore delle cime”.

lunedì 1 agosto 2011

Pierluigi Baima Bollone

Un'opera che già dal titolo commenta se stessa. L’autore, noto medico legale dell’Università di Torino, affronta con immensa dovizia di particolari tutta la sua esperienza di studi effettuata intorno alla preziosa, nonché discussa e controversa reliquia.
Questo saggio in particolare analizza il percorso, o presunto tale, che la reliquia avrebbe fatto, partendo dai vangeli fino al presente. Le osservazioni sono tutte documentate da una dettagliatissima nota bibliografica, che nei primi capitoli è prettamente storica, mentre si dilunga successivamente sugli aspetti scientifici di tutti gli studi svolti.
Alcuni capitoli, e in particolare quello sul controverso esame al carbonio 14 che ne daterebbe la fattura al Medioevo, sono piuttosto impegnativi per chi non ha grande dimestichezza con la chimica e la biologia.
La narrazione è comunque molto approfondita, e sicuramente coinvolgente soprattutto nella parte storica, dove l’autore propone una serie di collegamenti e confronti con fatti e personaggi storici, documentando tutto con note bibliografiche e poche ma essenziali fotografie. Suggestiva l’analisi del percorso fatto dalla Sindone dalla Terra Santa fino all’Europa, e poi i collegamenti con il famoso pannello di Templecombe, o il famoso Mandylion… e non ultimo la presenza dei Templari.
Davvero impressionante il capitolo sulla crocifissione, dove vengono analizzate tutte le tipologie di questa atroce tortura, e le analogie con la figura esposta sul telo custodito a Torino.
Non voglio anticipare le impressioni scientifiche dell’autore, ma in ogni caso l’opera è talmente ricca di particolari e dettagli che ognuno è libero di trovare la propria impressione, o perlomeno di individuare spunti per approfondimenti individuali verso altri testi.
Ritengo questo saggio molto interessante e approfondito, e forse proprio per questo non è una classica “lettura da ombrellone”. Per tanto ne consiglio la lettura a tutti coloro che sono incuriositi dall’argomento, e sono disposti a dedicare concentrazione ed attenzione che solitamente non si concedono a letture di svago.