lunedì 28 febbraio 2011

Uomini e topi – John Steinbeck

Da molti ritenuto un racconto, da molti altri un romanzo, nonostante sia decisamente breve, personalmente ritengo sia l’ennesima conferma della notevole dote letteraria di John Steinbeck, che anche con quest’opera consacra al grande pubblico i temi a lui più cari, quali il riscatto sociale, la povertà, la sfortuna, e sullo sfondo la grande Depressione americana della fine degli Anni 20.
La storia di due inseparabili amici nel pieno della Depressione americana: uno piccolo e furbo e l’altro grande e forte, ma purtroppo con seri problemi di ritardo mentale. Un’unione fatta di fiducia reciproca, rispetto, e vera fratellanza: ingredienti con i quali i due protagonisti vanno incontro alla vita, inseguendo quel riscatto sociale tipico del Grande Sogno americano, che li porterà a lavorare come braccianti agricoli in un ranch, con l’unico sogno di poter un giorno avere una fattoria tutta loro.
La narrazione è velocissima, e permette di leggere l’opera velocemente, anche per la sua brevità; soprattutto è molto profonda, andando a toccare nel lettore il significato di amicizia che ognuno attribuisce ad un argomento così intimo e delicato. Un vero è proprio inno a questo sentimento, che viene proposto con forza in una storia toccante e struggente.
Questo è stato il primo romanzo di Steinbeck che ho letto, quello che mi ha avvicinato a questo autore, e che ritengo senza ombra di dubbio il mio preferito!!! Mi è piaciuto tantissimo, e lo consiglio veramente a tutti: una finestra aperta sui valori fondamentali della vita, in grado di sollecitare riflessioni fondamentali nella vita di ognuno di noi. Da leggere subito, per avere la certezza di lasciare un segno indelebile nel ricordo delle proprie letture.
Se fosse una canzone “I walk the line” di Johnny “Man in Black” Cash.

mercoledì 23 febbraio 2011

Il buono dell’economia – Gianpaolo Salvini, Luigi Zingales

Come spiegare la compatibilità di interessi ed etica nell’universo dell’economia? Il confronto tra gli autori di questo libro, Padre Salvini direttore di “la Civiltà Cattolica” e dottore in economia, e Zingales docente di economia alla Università di Chicago, è il tentativo di una risposta che vede nella società odierna le contraddizioni di un disequilibrio al quale pare non esserci altro che rassegnazione.
Il risentimento comune verso un’etica troppo utopistica e una realtà fatta di manager senza scrupoli padroni soltanto dei propri profitti e ciechi di fronte alle conseguenze di determinate operazioni ha generato in questi anni posizioni sempre più inconciliabili e spesso incomprensibili.
La lettura di questo saggio è certamente un aiuto che può permette di comprendere molti aspetti cardine dell’economia odierna, riflettendo su argomenti quali capitalismo, insegnamento dottrinale, autoregolamentazione, necessità di controlli, che forse sono proprio gli elementi alla base della grave crisi che ha toccato la società mondiale.
La lettura richiede una particolare attenzione, e molti passaggi risultano piuttosto complessi proprio per la complessità della materia trattata.
E’ sicuramente una lettura utile, e se si dispone di una modesta formazione di economia risulta anche piacevole e certamente un valido strumento per interpretare la realtà da punti di vista diversi da quelli imposti da media.

lunedì 21 febbraio 2011

Hell’s Angels – Hunter S. Thompson

Il taglio giornalistico di questo romanzo, sottolinea in pieno l’esperienza vissuta dall’autore alla fine degli anni ’60: la conoscenza diretta, e la possibilità/privilegio di frequentare da vicino il più famoso e discusso Motorcycles Club del mondo, gli Hell’s Angels appunto.
Gli Hell’s Angels erano ormai una realtà già da alcuni anni, e in California guadagnavano sempre più spazio sui giornali: inizialmente per fatti di cronaca nera e poi sempre più frequentemente per alimentare un’immagine che la società perbenista aveva loro cucito addosso, quella dei motociclisti brutti sporchi e cattivi.
L’autore propone così la propria esperienza di frequentazione del club, offrendo dettagli di cronaca, interpretazioni personali, e interviste, che insieme possono far riflettere il lettore sulla realtà di quella cultura. L’impressione diretta è proprio che l’autore abbia redatto il suo romanzo sulla base di elementi vissuti, ma molto spesso non profondamente compresi, lasciando intendere in maniera evidente di essere stato in compagnia degli Angeli per un periodo, ma di non averne mia condiviso gli ideali che animano tanta fratellanza, banalizzando molte situazioni, ma offrendo comunque al lettore l’opportunità di farsi una propria idea.

Hunter S. Thompson

Nel romanzo si parla di fatti di cronaca in cui erano coinvolti gli Angeli, e che in quegli anni fecero molto scalpore come lo stupro di Monterey, dove vennero arrestati quattro membri con l’accusa di aver violentato due ragazzine. I racconti dei diretti interessati, e tutto l’ambiente che li circondava propone però un’evidenza dei fatti ben diversa, nella quale per essere colpevole era sufficiente appartenere ad una sottocultura bollata come “cattiva” e la dichiarazione strumentalizzata di un paio di adolescenti pentite di essersi lasciate andare a comportamenti che la loro società rifiutava.
Molto suggestivo inoltre, il racconto del motoraduno di Bass Lake, annunciato dai media come una catastrofe che si sarebbe abbattuta sulla tranquilla località lacustre, e che alla fine ha dimostrato la maturità dei biker la cui unica finalità era solo quella di divertirsi per conto proprio e l’abilità dello sceriffo locale Tiny Baxter che con sapiente professionalità ha protetto l’evento dai soliti provocatori che avrebbero voluto a tutti costi dei disordini.
Da sninistra: Tiny Walters, Skip Workman,
Ron Jacobson, Sonny Barger, Tom Thomas
In quegli anni gli Hell’s Angels raggiunsero la loro massima popolarità, diventando spesso delle vere e proprio star oggetto di interviste e servizi, ma soprattutto icone della loro cultura che tutt’oggi li riconosce come massima espressione del fenomeno. In questo contesto l’autore propone contatti unici con personaggi ormai leggendari quali Charlie Magoo, Skip Workman, Tiny Walters, Terry the Tramp, Mother Miles e non ultimo il grandissimo Sonny Barger.
Ritengo che questo romanzo sia una lettura indispensabile per conoscere un’interpretazione di questa cultura senza che possa essere definita di parte, lasciando ad ognuno gli elementi per comprendere con la propria testa fatti e argomenti che troppo spesso vengono offerti già “impacchettati” dai media. La narrazione è spesso lenta, ma non è mai noiosa o ripetitiva.
Alcune citazioni che ritengo particolarmente incisive:

Eppure hanno una regola empirica semplicissima: qualunque sia la discussione un Angel ha sempre ragione. Trovarsi in disaccordo con un Angels significa avere torto e persistere nel voler essere nel torto costituisce un’aperta sfida.

Sonny Barger, un uomo non certo incline ai sentimentalismi, ha definito in una circostanza la parola “amore” come “Il sentimento che provi quando qualcosa ti piace come la tua moto. Sì, mi sa che è proprio quello l’amore”

Quando ci comportiamo bene nessuno ricorda, quando ci comportiamo male nessuno dimentica.

Ci sono due tipi di persone al mondo: gli Angels e quelli che vorrebbero esserlo. (Charlie Magoo, full member)


Se fosse una canzone “Run to the Hill” degli Iron Maiden.

lunedì 14 febbraio 2011

Rumble Tumble - Joe R. Lansdale

Eccovi una lettura consigliata per l'estate, da fare sotto l'ombrellone, tra un tuffo e una bibita: breve, veloce, avvincente, e soprattutto divertentissima.
Un altro romanzo dove Lansdale ci guida in una nuova avventura con protagonista l'inseparabile coppia formata da Leonard e Hap. Due amici che sono costretti a convivere scontrandosi continuamente per le loro totali divergenze su tutto: tendenze sessuali, politiche, sociali, ecc.. Anche l'armadillo di Leonard è motivo di bisticcio!!
Questa volta la storia è incentrata sul salvataggio di una ragazza, resa schiava da dei trafficanti di droga senza scrupoli. Nonostante la drammaticità della situazione la lettura riesce ad essere molto divertente e a tratti addirittura esilarante (mi è più volte capitato di scoppiare a ridere, e di sentirmi chiedere da chi mi era vicino se si trattasse di un libro di barzellette), regalando descrizioni di personaggi e situazioni al limite del grottesco.
Il linguaggio è un po' scurrile, e le situazioni di azione con sparatorie e colluttazioni sono davvero poco credibili, ma in fondo che importa... E' una lettura che va presa per quello che rappresenta, senza aspettarsi nulla di impegnativo o profondo. I dialoghi poi sono davvero eccellenti, e tutto il romanzo potrebbe essere un’interessante proposta per la sceneggiatura di un film di Tarantino.
Se fosse una canzone, “Figlie delle stelle” di Alan Sorrenti.

lunedì 7 febbraio 2011

Dolce libertà. Un irlandese in America – Joseph O’Connor

Eccovi un altro romanzo di viaggio: il genere di lettura che più preferisco. In quest’opera si tratta di un viaggio attraverso gli USA, inseguendo una motivazione più unica che bizzarra: l’autore, irlandese di Dublino, parte per un viaggio la cui meta (o forse, la cui scusa…) è visitare le cittadine americane che portano lo stesso nome della sua amata città.
Un viaggio attraverso il “grande paese” per eccellenza, dove emergono con sottile ironia una moltitudine di contraddizioni, tipiche di una società estremamente edonista e consumista. Le cittadine che il protagonista attraversa, sono spesso delle non-città, con regole e divieti apparentemente assurdi per una società evoluta come quella americana.
Il tema della narrazione è anche uno spunto per parlare dell’immigrazione irlandese avvenuta verso gli Usa nei secoli passati: una specie di viaggio al contrario… se gli emigranti cercavano la fortuna e il benessere, ora l’autore cerca le tracce di quel passato, trovando spesso una apparente negazione di quelle origini offrendo l’occasione di trattare anche temi profondamente americani: come il mito di JFK o Billy the Kid.
Bellissima l’introduzione di ogni capitolo, dove viene proposto uno stralcio di antiche corrispondenze tra gli emigranti in terra americana e le famiglie rimaste nel paese natio: un’ulteriore affresco di quella che è stata l’America, vista attraverso gli occhi di chi americano non era ancora.
Se fosse una canzone, “Sunday bloody Sunday” degli U2.

giovedì 3 febbraio 2011

Il Codice Da Vinci – Dan Browm

Ebbene sì… lo ammetto, ho commesso anche io l’errore di buttarmi a leggere questo inutile polpettone fatto di banalità e luoghi comuni, dove l’unico vero obiettivo è quello di vendere copie: per curiosità del lettore, per passione, per moda… ma l’importante è vendere, anche senza insegnare nulla, anche lasciando un pessimo ricordo nel lettore, che difficilmente commetterà di nuovo uno sbaglio simile.
Un romanzo che ha la pretesa di farsi credere un thriller-storico, la ricerca di una verità che corre indietro nei secoli, partendo dal delitto dell’anziano custode del Louvre di Parigi, che ferito a morte negli ultimi istanti della propria vita lascia degli indizi per la nipote e per uno storico (il protagonista) per la risoluzione della complessa vicenda che con lo svolgersi della narrazione vuole rivelarsi come una difficile e intricata cospirazione.
Purtroppo la realtà è ben lontana da quelle che volevano essere le aspirazioni di Dan Brown: il risultato è un polpettone di particolari storico-artistici-religiosi spudoratamente inventati dall’autore per cercare di dare una collocazione razionale alle sue inutili masturbazioni mentali contro la Chiesa, generando nel lettore la sempre più forte convinzione che si tratti di uno di quei finti storici che deformano la Storia, per creare un Presente ad uso e consumo delle proprie esigenze (…di cassa ovviamente!!!).
La narrazione è veloce e scorrevolissima (l’unica nota positiva in un concerto di suoni stonati), allegramente condita di americanate degne di un telefilm di Frank Lupo (tipo A-Team… ricordate??), ma soprattutto di una serie di riferimenti e riscontri costruiti su supposizioni fantastiche e irrazionali scopiazzate da qualche sito internet di cospirazionisti (non ce la faccio proprio a credere che le frottole sull’Ultima Cena, sui Templari, e su Maria Maddalena, siano tutta farina del suo sacco), che trasformano un giallo in una invettiva contro la Chiesa, dipinta come il vero, grande cattivo. Davvero deludente il finale… degno di un cartone animato… ma in fondo che cosa ci si potrebbe aspettare da una storia del genere??
Purtroppo, la comune ignoranza storico-religiosa ha creato l’ennesimo inutile successo letterario, nascondendo e confondendo la verità teologica dietro le supposizioni fantastiche di uno spregiudicato giornalista al soldo di un grande editore.
Non mi è piaciuto proprio, e devo ammettere di avere già avuto tale sospetto prima di cominciarlo, per tutta la coda mediatica di polemiche che ci sono state, anche se sinceramente mi aspettavo davvero qualcosa di più sostanzioso. L’unica consolazione è quella di non averlo comprato, ma preso in prestito in biblioteca!!!! Sarebbero stati soldi sprecati!!
E’ stata fatta anche una trasposizione cinematografica con il grande Tom Hanks nei panni del protagonista… vi prego ditemi che non è vero, ditemi che si sono sbagliati!!!
Se fosse una canzone… mi viene in mente solo la meravigliosa “E’ la fine del mondo” dell’intramontabile Lino Toffolo.

martedì 1 febbraio 2011

Easy Rider - Dennis Hopper

USA 1969 – Regia di Dennis Hopper con Peter Fonda, Dennis Hopper e Jack Nicholson.
Questo film è probabilmente il manifesto del cinema “On the road”: un’icona che chiude l’epoca dei figli dei fiori, schiacciati e inesorabilmente sconfitti da una società edonista e consumista, prostrata ai piedi del dio denaro, che trasforma in nemici i diversi che non si riescono o vogliono omologare ai cambiamenti che li circondano.
Si tratta del viaggio di due amici Wyatt e Billy, che lasciano la California dopo aver venduto una partita di droga, diretti verso la Florida a bordo delle loro motociclette. Un viaggio che si rivelerà essere un percorso metaforico: gli antichi pionieri viaggiavano da est verso ovest, mentre i due protagonisti percorrono la loro strada nella direzione opposta incarnando due simboli eroici dell’America: Buffalo Bill e Capitan America, emblemi di una realtà sognata da tutti e realizzata solo da pochi.
Il viaggio propone una serie di confronti tra culture lontanissime pur conviventi nella stessa società, e tra un passato ancora radicato e il presente inarrestabile: stupenda la scena nella quale i protagonisti aggiustano una delle loro motociclette e il contadino che gli presta gli attrezzi ferra il proprio cavallo!
La conclusione è una non-fine annunciata, dove i protagonisti vincono quella libertà sempre sognata e troppo spesso negata in nome di un perbenismo che per mascherare la propria coscienza non esita a sporcarsi le mani di sangue.
Da ricordare assolutamente le motociclette dei due viaggiatori, anch’esse protagoniste a pieno titolo del film: due chopper su base Harley-Davidson con motore Panhead e, per quanto riguarda quella guidata da Peter Fonda, il manubrio tipo Ape Hanger da allora un’icona dei chopper Sixties Style.
Se fosse una canzone "If you want to be a bird” dei The Holy Moda Rounders, che è anche uno dei brani della colonna sonora davvero magistrale!!!