giovedì 16 febbraio 2012

L’assedio. Torino 1706 – Fabio Galvano

Il titolo non lascia spazio ad interpretazioni. Con questo saggio Galvano offre al lettore una ricostruzione minuziosa e capillare dello storico assedio operato dai francesi alla città di Torino nel 1706.
Si spiegano accuratamente gli antefatti e le cause, inquadrando l’avvenimento nel panorama politico-militare di quegli anni, illustrando tutti i movimenti di truppe che precedettero l’assedio, offrendo interessanti dettagli sulle strategie militari dell’epoca.
Si affrontano poi tutte le caratteristiche architettoniche e funzionali della città, con spiegazioni su particolari, storia e personaggi che hanno contribuito alla realizzazione della complessa struttura difensiva.
E poi, naturalmente, l’assedio: la guerra vista e vissuta sulla base delle cronache del tempo, con dettagli tanto angoscianti quanto impressionanti sulla vita civile al’interno delle mura, l’organizzazione delle scorte, i feriti, i morti, ecc…
Molto interessante anche la presentazione di Pietro “Passepartout” Micca, soldato-eroe che con il proprio sacrificio impedisce l’ingresso dei francesi da una galleria facendola saltare con la dinamite. Vengono affrontate quindi, con grande attenzione, le collocazioni e le caratteristiche delle gallerie presenti sotto la struttura difensiva, interessanti dettagli da integrare a quanto è possibile vedere nel Museo Pietro Micca, o con l’escursione guidata Torinosotterranea.
Particolarmente interessanti si rivelano inoltre le stampe e i disegni di cui l’opera è corredata, offrendo al lettore una comprensione visiva ad integrazione delle spiegazioni dell’autore.
La storia consegna la vittoria ai piemontesi, e vengono illustrate le fasi operative della sconfitta francese, avvenuta nella parte più orientale della città.
E’, indubbiamente, un’opera tanto interessante quanto impegnativa, ma assolutamente indispensabile per il valore storico con il quale propone  al lettore una fotografia quanto più realistica di questo episodio.
Mi è piaciuto molto e ritengo sia una lettura indispensabile per ogni torinese!!
Se fosse una canzone, l'indimenticabile "Ta-Pum".

mercoledì 1 febbraio 2012

La penna del najone – Associazione Nazionale Alpini

Il titolo di quest’opera, per molte persone, non lascia spazio ad interpretazioni: il najone è il soldato di leva, e la “penna” l’inconfondibile distinzione del cappello di un Alpino.
L’ANA propone una raccolta di racconti autografi che esaltano lo spirito di questo corpo, ormai mitico, e assolutamente insostituibile, che negli anni ha conquistato, medaglie, gloria, ma anche simpatia e popolarità.
I racconti sottolineano con brillante trasparenza la varietà di persone che sono passate attraverso questo corpo, evidenziando differenze di cultura, dialetto, carattere, ma confermando per tutti lo stesso entusiasmo di esserci. Quella stessa emozione che durante la ferma faceva urlare a tutti <<… puttana la naja>>, rimpiangendo la vita “civile” durante le interminabili giornate della caserma fatta spesso di situazioni assurde, banali, drammatiche, ma anche divertenti e comunque sempre indimenticabili, in un’altalena di ricordi, belli brutti, nostalgia, e rimpianti.
Da questo dettaglio nasce la volontà di far parlare i protagonisti, dando voce ad un’opera unica e assolutamente emblematica, cronaca di un’epoca ormai trascorsa, ma forse proprio per questo estremamente preziosa.
L’ANA, lanciata la proposta attraverso le singole sezioni, viene letteralmente travolta dai racconti, segno di un entusiasmo tutt’altro che sopito, a conferma dei grandi consensi di partecipazione che riscuote ogni anno la famosa Adunata: un grande raduno di veterani Alpini, che cambiando destinazione ogni anno si ritrovano in una città per festeggiare se stessi, ma anche farsi ammirare con un pizzico di invidia da chi avrebbe voluto farne parte, ma per un’infame scherzo del destino ne è rimasto escluso.
I racconti vengono proposti raccolti in gruppi tematici: la partenza, le punizioni, i muli, ma anche la guerra e la morte… e non ultimo, il congedo.
L’osservazione più immediata è quella che chiunque vi si possa riconoscere, anche qualora luoghi e date fossero lontanissimi dal proprio servizio di leva. Non è necessario essere stati Alpini per capire il significato di un servizio di guardia, di piantone, o il valore di una licenza, senza dimenticare gli indissolubili legami di amicizia che la vita di caserma è stata in grado di generare tra chi ci è passato.
Sentimenti di  amicizia, o soltanto l’occasione di parlare del passato, lasciano nel lettore un profondo senso di nostalgia, o forse si tratta solo di un’impressione, particolarmente viva solo tra coloro che il servizio di leva lo hanno fatto.
Da brivido, vedere riproposta la mitica “Canzone del Soldato”:

Cara burbetta dimmi una cosa
cosa facevi tre mesi fa
andavi a spasso con la morosa
e non pensavi a fare il soldà.
Fare il soldato di fantaria
o mamma mia male si sta
male si sta per tanti motivi
buoni o cattivi da sopportar.
Muli cattivi, zaini pesanti,
sempre piu' avanti bisogna andar
sempre piu' avanti, sempre in colonna
porca xx(bestemmione!)xx la finirà.
La finirà sta naia schifosa
dalla morosa voglio tornar
dalla morosa o dall'amante
sotto le piante a fare l'amor.

La lettura è velocissima, e ogni racconto ha qualcosa di unico, offrendo al lettore un libro lunghissimo, ma mai noioso, intriso di quell’entusiasmo che solo a vent’anni si riesce ad avere. Consiglio la lettura a tutti, perché sono certo che ognuno saprà restituire a questi racconti il valore grandissimo che meritano, riconoscendosi in tantissimi episodi, o magari semplicemente scoprendo con entusiasmo un autentico pezzo di storia di Italia.

Ripropongo due passi, uno un po’ poetico, l’altro un po’ rude, ma entrambi in grado di esprimere in pieno alcuni dei tanti aspetti della naja. Parole che potranno comunicare poco o nulla a chi non ha prestato il servizio di leva, a chi non si è mai svegliato all’alba con la tromba, a chi non ha fatto alzabandiera, a chi non ha atteso una licenza, a chi non ha detto anche solo una volta <<PUTTANA LA NAJA!!>>, ma soprattutto a chi non ha mai atteso dodici mesi per urlare “FINITA’”, e poi conservare per tutta la vita un inconsolabile senso di nostalgia.

Un po’ lo rimpiango quel freddo barbino, quello zaino e quello schioppo da portare a spasso per i monti, i miei monti, quell’odore di muffa antica, quella caserma piena di storia scritta da gente umile. Ma che dico un po’. Poche cose valgono più di quei momenti. Il primo sorriso mattutino di mia moglie, gli occhietti assonnati delle mie bimbe.
Luca Spaggiari

Domanda abbastanza ovvia per un militare di prima leva: <<Come facciamo a lavare la gamella sporca e unta con acqua sempre fredda che esce dai tubi esterni?>>.
Risposta: <<Arrangiati!>>.
Lorenzo Franco

E’ un libro sugli alpini, ma soprattutto un libro sulla naja, e proprio per questo se fosse una canzone vorrei che sia “Il silenzio dei congedanti” di Nini Rosso, che ha fatto sospirare ogni soldato per 11 volte, ascoltando il brano in occasione degli scaglioni congedanti, e fatto commuovere in quell’ultima sera prima del congedo.


PS.
Le foto proposte le ho scattate personalmente durante la 84° Adunata Nazionale degli Alpini, svoltasi a Torino dal 6 al 8 maggio 2011.