giovedì 3 novembre 2016

Fontamara - Ignazio Silone



Questo romanzo è solitamente proposto come lettura scolastica per adolescenti, ma è altrettanto famoso per riuscire a trattare in modo veramente coinvolgente e profondo il tema dell’integrazione delle zone povere con il regime fascista. Fontamara è una località della piana del Fucino in Abruzzo, una zona che dall’unità di Italia in avanti ha conosciuto sempre miseria, sofferenza emigrazioni e soprusi.

Il romanzo narra la storia di un borgo che si vede chiudere il piccolo corso d’acqua che bagna le proprie terre più fertili a vantaggio degli interessi del Podestà, in una amara altalena di inganni e prese in giro, che trovano la loro forza nell’ignoranza e nella credulità dei popolani, volutamente appellati dall’autore con il termine di “cafoni”. La storia offre personaggi fantastici e indimenticabili, che a momenti  fanno sorridere, ma anche commuovere, capaci di grandi atti di eroismo, ma anche infami codardie. Forse una piccola rappresentazione dell’animo umano in tutte le sue sfaccettature.
Personaggio di spicco, nonché protagonista, è Berardo Viola, giovane forte nel  carattere e fortissimo del corpo, capace di incredibili dimostrazioni di forza e di coraggio, capace di trainare le coscienze oltre i timori delle repressioni fasciste. Il nome scelto dall’autore non è casuale, e colloca il protagonista nella storia reale quale nipote del famoso bandito Berardino Viola.
Magistrale la scelta di alternare la voce narrante sui membri di una famiglia in fuga del regime che racconta tutto l’episodio. 
Il romanzo è una storia triste, fin troppo vera per non essere reale, per non avere pur nella finzione i connotati di una realtà dura mai dimenticata, che in quelle terre riconosce tutt’ora la propria identità nell’incredibile forza d’animo delle persone.
Propongo alcuni passi del romanzo:


Fra la terra e il contadino, dalle nostre parti, ma forse anche altrove, è una storia dura e seria, è come marito e moglie. E’ come una specie di sacramento. Non basta comprarla, perché una terra sia tua. Diventa tua con gli anni, con la fatica, col sudore, con le lacrime, con i sospiri. Se hai terra, nelle notti di maltempo tu non dormi; anche se stanco a morte, tu non riesci a dormire, perché non sai quello che sta succedendo alla tua terra; e al mattino corri subito a vedere. Se un altro ti piglia la terra, magari pagandola col denaro, è sempre un po’ come se ti portasse via la moglie; e anche venduto, un pezzo di terra conserva per molto tempo il nome del vecchio padrone.


<<Non si discute con le autorità>> questa era l’amara dottrina di Berardo Viola. E spiegava: <<La legge è fatta dai “cittadini”, è applicata dai giudici, che sono tutti “cittadini”, è interpretata dagli avvocati, che sono tutti “cittadini”. Come può un contadino avere ragione?>>


Quando le leggi del Governo non sono più valide e quelli che dovrebbero farle rispettare sono i primi a violarle, allora si torna alla legge del popolo.


Inutile dire che questo romanzo mi sia piaciuto tantissimo, un po’ per le tematiche trattate un po’ per la viscerale forza d’animo che lega il protagonista e gli altri “cafoni” alla terra. Non so se la lettura possa essere sufficiente a spiegare questo legame a chi magari nato in città non ha mai radicato i ritmi della propria vita con il contatto diretto con la terra. Forse è solo una mia impressione, ma io vedo qualcosa di eroico in ogni contadino, che “combatte” ogni giorno contro la natura, la burocrazia, le regole, e i profitti degli altri , anche quando la ragione, i conti, e la fatica ribadiscono insieme che sia necessario arrendersi. Eppure si resiste, sempre e comunque.

Per quanto mi riguarda “Fontamara” rimane in assoluto uno dei più bei romanzi italiani del 900, un’opera d’arte di inestimabile valore, infinitamente attuale e indiscutibilmente indispensabile come ritratto storico di un periodo troppo poco approfondito, nascosto sempre con definizioni che riconducono al banditismo postunitario.
Leggetelo, non ve ne pentirete, e state pur certi che una volta arrivati alla fine avrete una prospettiva in più per osservare la vita, riconoscendo voi stessi un significato a tutta l’opera: se credi in qualcosa devi essere disposto a lottare per difenderla!
Se fosse musica, la magistrale e solenne colonna sonora del film “L’ultimo dei Mohicani”, di Ennio Morricone.

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