Questo romanzo è l’ultimo atto della saga di Arturo Bandini,
il testamento di un personaggio che nei romanzi precedenti Fante ha fatto amare
e odiare.
Bandini è sempre lui, sempre sbagliato, fuori di testa,
fuori luogo, fuori tempo massimo, un giocatore di calcio folle che calcia il
suo rigore a porta ormai vuota, quando tutti sono già negli spogliatoi, e
nonostante la presunzione di essere il migliore riesce a centrare il palo!
In questo romanzo il protagonista è meno arrabbiato,
megalomane, scorretto, ma pur sempre fedele al personaggio che abbiamo
conosciuto in precedenza (La strada per Los Angeles).
La storia è sempre la stessa, Bandini che insegue il sogno
di un presente dorato fatto del successo come scrittore e sceneggiatore per la
ruggente Holliwood degli anni ’30, in una Los Angeles che già allora poteva
costituire la massima espressione del sogno americano, o il più triste dei
fallimenti.
Bunker Hill è il quartiere dove alloggia il protagonista,
lontanissimo dal lusso delle ville dei divi del cinema e ancora più lontano da
Boulder, la sua città natale del Colorado.
Ripropongo un passo:
C’era un posto, e c’erano persone che mi amavano, e io sarei
andato da loro. Così, fanculo Los Angeles, e le tue donne con i culi alti, e le
tue strade alla moda, perché io me ne vado a casa, torno in Colorado, torno
nella dannata migliore città degli Stati Uniti: Boulder, Colorado.
[…]
Loro non mi consideravano un fallito Ero un eroe, un
conquistatore tornato dai lontani campi di battaglia. Mi diedero persino la
sensazione di contare qualcosa nel mondo.
La storia è solo il disperato tentativo di affermarsi, di
inseguire un sogno troppo grande, anche quando è quasi a portata di mano, anche
quando sarebbe bastato fare un passo indietro per andare avanti: Bandini si
conferma se stesso, come eroe delle scelte sbagliate, maestro di tutto quello
che il lettore non farebbe mai.
La storia di per sé non ha una fine, il romanzo è Bandini,
un ventenne spregiudicato e aggressivo che non perdona la vita per non avergli
dato il successo, o forse solo la capacità di non farselo sfuggire.
Il romanzo è scritto benissimo, i personaggi sono
indimenticabili, i dialoghi convincenti, e le descrizioni di luoghi
scintillanti e meravigliosi, ma anche squallidi e fatiscenti, esaltano il
rapporto stridente tra ricchezza e povertà, tra successo e fallimento, massima
espressione che Los Angeles rappresenta nel sogno americano: l’estremo ovest;
più avanti c’è solo il mare.
Tanti autori hanno fatto dei vinti i propri eroi, proponendo
romanzi diversi con personaggi accomunati da uno stesso destino: la sconfitta! Fante ha
creato Bandini, il non eroe per eccellenza!
Di recente sono stato a Los Angeles e mi è capitato di
passare proprio in quei luoghi: Holliwood Boulevard, Beverly Drive, ammirando
lo splendore dorato del cinema, quello fatto di divi, auto di lusso, ville
straordinarie. Camminando per Olive Street, Fifth Street, Seventh Street in
mezzo alla frenesia dei passanti, al traffico, circondato da quei grattacieli
altissimi si ha quasi la sensazione di veder spuntare, da un momento all’altro,
un ragazzo con una macchina da scrivere e un bel vestito, che cammina svelto
dietro ad un futuro già scritto.
Il romanzo mi è piaciuto tantissimo, ma consiglio la lettura
solo dopo aver letto almeno uno dei precedenti capitoli della saga di Bandini.
Se fosse una canzone “The passenger” di Iggy Pop.
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