La copertina di questo libro e la sua
presentazione possono facilmente confondere il lettore con delle aspettative
che la lettura finirà per deludere. Il libro è infatti un piccolo trattato di
filosofia, molto ben fatto e accurato, che purtroppo per i neofiti della
materia può apparire noioso e contorto. L’autore infatti propone la propria
esperienza autobiografica intorno al concetto di lavoro manuale, offrendo
approfondimenti filosofici e didascalici con riscontri pratici sulla società,
sia contemporanea e sia pregressa. Il ritratto che ne emerge è la
consapevolezza di come le comodità siano un particolare anestetico per il
cervello, che viene privato di creatività e manualità, atrofizzando l’uomo in
un consumatore perpetuo del perverso meccanismo “usa e getta”. L’autore
racconta della propria esperienza maturate sui motori, prima del suo glorioso
Maggiolino Volskwagen e poi delle motociclette d’epoca, offrendo con
consapevolezza ed entusiasmo tutta la soddisfazione di possedere una conoscenza
che lo renda libero di dipendere sempre da se stesso e non da strategie di
marketing.
La lettura è un po’ lenta e anche se
l’argomento trattato tutto sommato è semplice, gli approfondimenti filosofici
si rivelano comunque impegnativi.
In ogni caso l’ho trovato
interessante, riconoscendo in questo lavoro un bello spunto di riflessione
sulla capacità che ognuno di noi dovrebbe riscoprire mettendosi in discussione:
“sporcandosi le mani” e ritrovando la soddisfazione di sentirsi padroni di ciò
che si possiede soltanto dopo essere stati in grado di aggiustare o quantomeno
provare a comprendere cosa si nasconde “sotto il cofano” di quanto ci circonda.
Non si tratta di un libro da
ombrellone, pertanto ne raccomando la lettura con la necessaria tranquillità
per poterne apprezzare a fondo valore e significato.
Se fosse una canzone la bellissima "Old man" di Neil Young.
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