Davide De Zan non poteva trovare un titolo migliore per
proporre al pubblico questa denuncia sconvolgente, ed estremamente
raccapricciante, fatta sugli episodi che toccarono uno dei più grandi eroi
sportivi di tutti i tempi: la sua esclusione dal Giro d’Italia del 1999 e la
sua morte il 14.02.2004.
Tutto nasce da troppe incongruenze, ombre, contraddizioni,
che solo la caparbietà e l’impegno, di uno che di Pantani era davvero amico,
riescono a smuovere portando alla riapertura delle indagini da parte della Procura
di Rimini il due agosto 2014.
In questo libro non si parla soltanto del “dopo”, ma De Zan
riesce a raccontare alcuni episodi che dipingono con immensa nostalgia i
connotati di un grande sportivo, che prima delle medaglie era soprattutto un
grande uomo. Marco non c’è più, ucciso due volte, prima da un’accusa infamante
quando era all’apice del proprio successo, e poi da una morte disperata che
tutto sembra tranne che un suicidio. O forse no, forse non è vero che non c’è più
perché nessuno potrà mai cancellare dal cuore di milioni di tifosi le sue
imprese memorabili, il ricordo di aver creduto in un sogno, al quale interessi,
invidie e chissà cos’altro hanno bruciato le ali.
De Zan è bravissimo a riaccendere l’animo di chi non si è
mai rassegnato a quella verità troppo assurda, e soprattutto straordinariamente
preciso nel raccontare particolari in grado di stravolgere le certezze anche di
coloro che credevano ciecamente alle apparenze che volevano Pantani dopato e
suicida per ovedose di cocaina. La verità è un’altra e prima o poi emerge
sempre.
Propongo alcuni passi molto toccanti:
Un attimo dopo la strada cominciò ad inclinarsi sotto le
nostre ruote e la forza di gravità a farsi sentire.
Leggero come un soffio di vento, con quel suo stile unico al
mondo, il Panta si alzò sui pedali. Ci salutò e volò via, scomparendo veloce
davanti ai nostri occhi. Il talento puro che scorreva in lui disegnava la
differenza tra il campione e i semplici mortali. Su di lui la forza di gravità
non aveva effetto.
Allora ripensavo a ciò che mi avevi insegnato tu, in una
sera d’estate, al chioschetto di Tonina. <<Davide>> mi avevi detto <<la vita ti può mettere
in ginocchio. Ti può spezzare le gambe come ha fatto con me. Ma se lo vuoi
veramente, tu ti puoi sempre rialzare e puoi tornare a correre più forte di
prima.>>
E non erano solo parole. Tu l’avevi fatto, me l’avevi
dimostrato.
Tu eri Marco Pantani. Meravigliosamente unico. Le tue non
erano semplici vittorie. Ogni volta era sempre un’impresa, un volo solitario,
un sogno.
E i sogni, almeno quelli non li può uccidere nessuno.
Inutile dire che la lettura mi è piaciuta tantissimo, e che la
raccomando a tutti coloro che hanno sempre creduto in quel supereroe con le orecchie
a sventola e gli orecchini, a tutti quelli che dopo aver arrancato su una
salita con una bici da corsa (ma anche una mtb va bene lo stesso) e compreso
cosa sia la fatica dei pedali, hanno voglia di riconoscere la verità dei fatti
ad un uomo che aveva vinto tutto.
Se fosse una canzone “E mi alzo sui pedali” degli Stadio: pezzo composto proprio in onore di Marco.
Se ci fosse ancora qualcuno che non conoscesse Marco Pantani
consiglio di riguardarsi (ed emozionarsi!!) gli scatti più belli tratti dal Sfide, lo speciale dedicatogli
da Rai Tre.
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